Prima della nascita dello Stato moderno, nell'antichità, il modello di entità politica più diffuso era senz'altro la monarchia: erano sorretti da monarchi gli
Egizi, gli Ebrei (si badi però che solo dal tempo di re Saul, prima erano infatti
una teocrazia), gli Assiri, i Babilonesi e, dopo di loro, i Persiani. Perfino i
Greci dell’età micenea erano costituiti in vari regni sorretti da un βασιλεύς,
ossia un re. Fu solo in età classica, nel corso nel I millennio a.C., che i
cittadini iniziarono in maniera organica a sviluppare le istituzioni politiche
democratiche, divenendo elettori ed eleggibili nelle assemblee elettive delle
loro πóλεις. Nonostante lo sviluppo anche a Sparta di assemblee democratiche,
lo Stato lacedemone continuò però a mantenere la forma di governo diarchica
(con due re). Anche Roma, in fin dei conti, nacque monarchia. Solo nel 509 a.C.
si trasformò in una Repubblica aristocratica. La costituzione repubblicana di
Roma rappresenta un modello esemplare ed originale nella storia delle
istituzioni politiche, essendo, come sottolineato da Polibio, un misto tra le
tre forme di governo principali. Con la fondazione dell’Impero, nel 27 a.C., la
forma monarchica sembrò restaurarsi, sebbene un’analisi più approfondita faccia
subito notare come il princeps,
l’imperatore, fosse una sorta di primus
inter pares rispetto ai senatori e che il Senato godeva ancora di notevole
influenza negli affari politici. Soltanto dal III secolo d.C. in poi l’Impero
romano andò ad assumere caratteristiche dispotiche, non a caso conseguenti alle
infiltrazioni culturali orientali, e il potere politico tese allora a
concentrarsi unicamente nelle mani dell’imperatore. I primi Stati
romano-germanici che sorsero nei vecchi territori al crollo della sua parte
occidentale (476 d.C.) erano dei regni in cui anche qui il re veniva
considerato dagli altri arimanni (gli uomini liberi, ossia atti a portare le
armi) un primus inter pares. La
società germanica che si andò a sovrapporre a quella romana era essenzialmente
una società di liberi guerrieri divisa in tribù e stirpi (Sippe). I Germani erano soliti contrarre dei patti di sangue
istitutivi delle cosiddette Männerbunde,
ossia delle forme di associazioni umane da cui, con buona probabilità, si può
rintracciare l’origine del vincolo vassallatico feudale.
Si potrebbe affermare che dalla fondazione dell’Impero
carolingio (800 d.C.) ad oggi si sono
succedute in Europa cinque forme di Stato principali:
L'omaggio e l'investitura feudali |
1) Stato
feudale = E’ un modello di Stato fortemente decentrato, in cui
molte prerogative sovrane sono affidate dal principe o dal signore ai propri
vassalli. Storicamente compare in Europa con il consolidamento ed espansione
dell’Impero carolingio e comincerà a declinare solo al principio dell’età
moderna, venendo sostituito dallo Stato assoluto. Lo Stato feudale andò a
costituirsi attraverso dei giuramenti solenni costitutivi di un rapporto
sinallagmatico secondo cui il sovrano conferiva un beneficio per lo più
fondiario (il feudo) ad un vassallo e questi, in cambio, gli offriva la sua
lealtà, l’aiuto militare e altre prestazioni di varia natura. Fu proprio dal IX
secolo d.C. che si consolidò l’uso di rafforzare il patto vassallatico con il
conferimento del feudo, ma dal momento che il giuramento era personale anche il
feudo assegnato era considerato un bene dato al vassallo solo per la durata del
suo servizio: se il vassallo moriva o terminava il giuramento il feudo tornava
al signore concedente. Il contratto vassallatico era inizialmente orale, né
prevedeva registrazione scritta: ci si accomandava in vassallaggio mettendo le
proprie mani in quelle del signore o principe, toccando le reliquie dei santi
come garanzia. L’elemento costitutivo del vassallaggio era l’accomandazione (commendatio), con cui un uomo libero in
genere di basso ceto si sottometteva alla protezione di un altro uomo libero, a
cui prometteva il proprio servizio e il proprio ossequio, divenendone cliente.
In cambio dei suoi servigi clientelari richiedeva uno stipendio, che era
costituito dal conferimento di un beneficium,
ossia di un feudo. I vassalli cui veniva concesso il feudo, ossia i feudatari,
godevano spesso di piena potestà giurisdizionale su di esso e, salvo i vincoli
previsti dal rapporto vassallatico, proprietà piena sui beni (era davvero
assoluta sono nell’allodio, cioè nella sua porzione di beni fondiari non
infeudati, quindi non sottoposti a vincoli) e sulle persone che all’interno di
esso dimoravano, cosicché alcuni hanno voluto anche chiamare questa forma statuale Stato patrimoniale. In qualche
occasione i feudatari avevano anche la facoltà di coniare moneta. Erano poi
dotati di propri eserciti privati e godevano di una serie di immunità e diritti
particolari, quali la possibilità di imporre imposte, pedaggi, taglie e
gabelle. Anche all’interno del feudo, che appariva come un’impresa agricola
votata allo scopo di garantire un’economia di sussistenza, si creava una
situazione in cui il feudatario offriva protezione e concedeva in usufrutto o
enfiteusi una parte delle terre del feudo agli abitanti dello stesso, e questi,
in cambio, offrivano delle prestazioni lavorative (corveés), pecuniarie, militari o di altra natura. A livello di
erario, non vi era nello Stato feudale una marcata differenza tra tesoro
pubblico e tesoro privato del principe. I vari ceti sociali che lo componevano,
poi, erano rappresentati in assemblee cetuali (delle sorte di Parlamenti ante litteram), quali gli Stati
Generali, le Cortes, le Diete, ecc. Saranno
proprio queste assemblee rappresentative, congiuntamente alle corti di
giustizia, a limitare il potere del sovrano nel corso del Medioevo.
L’ereditarietà dei feudi, la sub-infeudazione, l’eccessiva parcellizzazione
geografico-politica e l’immensa devoluzione di potere dal centro alla periferia
comportarono il tramonto di questo tipo di Stato. Le sue caratteristiche forze
centrifughe lo dissolsero e sgretolarono, per così dire, dall'interno.
2) Stato
assoluto = Esso comincia a fare la sua comparsa in Europa tra
‘500 e ‘600. Sua caratteristica principale è l’accentramento politico di tutto
il potere nelle mani del sovrano. Il sovrano, infatti, non si sente più
vincolato a nessun rapporto di subordinazione nei confronti dell’Imperatore del
Sacro Romano Impero secondo il brocardo rex
in regno suo imperator est, superiorem non recognoscens, né è più frenato
nel’esercizio del suo potere dalle assemblee cetuali e dalle corti supreme di
giustizia. La stessa legge, secondo il principio del rex legibus solutus, non vincolerà più la sua persona, essendone
una manifestazione successiva. Cominceranno a fare la loro comparsa gli
eserciti professionali permanenti, che sostituiranno la precedente soldatesca
mercenaria. Diventerà più netta la separazione tra erario pubblico e fondi
privati del sovrano, si introdurrà un sistema tributario organico, si supererà
la frammentazione feudale con la sottomissione completa dell’aristocrazia
terriera alla Corona, considerando ormai certa l’idea che il Re non sarà più un
primus inter pares rispetto al resto
dell’antica nobiltà di spada. Lo Stato, inoltre, inizierà ad assumere una
fisionomia più certa: il sistema burocratico-amministrativo si svilupperà
notevolmente, spesso con la nascita di nuove ripartizioni e suddivisioni
amministrative del territorio nazionale. Diventerà poi sempre più netta la
separazione tra potere spirituale e temporale e si tenderà a contrastare ogni
forma di particolarismo locale. In conclusione, però, l’elemento determinante
di questo tipo di Stato è sicuramente la concentrazione dei poteri legislativo,
esecutivo e giudiziario nelle esclusive mani del sovrano; in questo senso si
può senz’altro affermare che il precedente Stato feudale era più
controbilanciato del suo immediato successore. Tanto accentrato era il potere
nelle mani del sovrano che Luigi XIV finirà per dire che lo Stato era lui.
Giuseppe II d'Asburgo |
3) Stato
di polizia = E’ una forma di Stato che viene fatta comunemente
coincidere con il regno dei cosiddetti despoti illuminati, e pertanto è
caratteristica del XVIII secolo. Tra questi ricordiamo Federico II di Prussia,
Caterina II di Russia, Carlo III di Spagna (già Duca di Parma e Piacenza e poi
Re di Napoli e Sicilia), Maria Teresa I d’Austria e i suoi figli, e poi
imperatori del Sacro Romano Impero, Giuseppe II e Leopoldo II (già Granduca di
Toscana). Questi sovrani, molto spesso anche filosofi e pensatori, vorranno
migliorare le condizioni di vita dei propri sudditi. In questo senso si
incoraggeranno la costruzione di scuole pubbliche e strutture sanitarie, si
attueranno grandi riforme amministrative, si emaneranno codici normativi
organici, si introdurranno elementi razionali per imporre la tassazione quali
il catasto, si bonificheranno aree malsane, si contrasteranno le manomorte e
gli altri eventuali sprechi ecclesiastici, si garantiranno la tolleranza
religiosa e la libertà di coscienza e si incoraggeranno le arti e la cultura.
Probabilmente la frase pronunciata da Federico il Grande nel suo Antimachiavelli riassume in maniera
efficace quale fosse lo spirito che animava i sovrani dello Stato di polizia:
“Il Re è il primo servitore dello Stato”.
La presa della Bastiglia, 14 luglio 1789 |
4) Stato
liberale = Esso affonda
le sue radici culturali nell'Illuminismo e quelle storiche nelle due
Rivoluzioni inglesi del Seicento, nella Rivoluzione americana, e, soprattutto,
nella Rivoluzione francese. Uno dei principi politici fondamentali che ne è
alla base è la classica tripartizione dei poteri statuali attuata da
Montesquieu in Esecutivo, Legislativo e Giudiziario. Secondo questo principio,
nel momento in cui l’ assemblea sovrana o lo stesso individuo sovrano non
avessero concentrato in sé tutte le funzioni statuali, per ciò stesso si
sarebbero create delle forze politiche “d’opposizione” che lo avrebbero
controbilanciato. Il sistema liberale di pesi e contrappesi e di controllo
reciproco dei poteri preverrebbe efficacemente il rischio di autocrazie. Basti
pensare, infatti, che Napoleone Bonaparte divenne un autocrate proprio nel 1799
con la Costituzione istitutiva del Consolato: in un modo o nell'altro, infatti,
i tre poteri andarono a dipendere tutti dal Primo Console, che era lo stesso grande generale corso. Altro elemento caratteristico dello Stato liberale è
l’istituzione politica del Parlamento. Il Parlamento, infatti, oltre ad essere
il principale titolare dell'emanazione legislativa, riveste il fondamentale ruolo di
controbilanciare il potere del Governo sulla base del rapporto fiduciario. Governo
che, nello Stato liberale, non è più in genere espressione del Capo di Stato,
il quale diviene una figura di secondo piano (eccezion fatta per le repubbliche
presidenziali), ma di un Primo Ministro di sua nomina, che risulta doppiamente
responsabile nei confronti sia del Re che del Parlamento. Lo Stato
costituzionale si evolse in Stato parlamentare proprio nel momento in cui il
Governo divenne politicamente responsabile della propria condotta nei confronti
del Parlamento. Inoltre, per quanto attiene la forma di governo, non è più
necessario che il Capo di Stato sia un Re: non fu raro, infatti, che molti
Stati liberali decisero di adottare la forma di governo repubblicana, primi fra
tutti gli Stati Uniti d’America. La stessa forma di governo repubblicana, poi,
potrà assumere varie tipologie: quella parlamentare, quella presidenziale,
quella semi-presidenziale, quella direttoriale. Fu poi grazie allo Stato
liberale che si diffuse l’idea di Costituzione, ossia di un atto fondamentale che
disciplina i rapporti tra Stati e cittadini e tra organi dello Stato: tra il
1787 e il 1848 si diffonderanno costituzioni più o meno liberali in moltissimi
Stati europei e americani. Altro elemento caratteristico fu anch'esso teorizzato da Montesquieu, e cioè che l’organo giudicante una controversia
doveva essere soltanto la “bocca della legge”, doveva cioè applicare il diritto
statuale senza considerazioni personali e in nome e per conto della legge,
ossia dello Stato. Altre conquiste dello Stato liberale saranno, infine, il
superamento delle lacune giuridiche, l’uguaglianza davanti alla legge, il
concetto di “cittadino” e lo Stato di diritto.
5) Stato
sociale = Nello Stato sociale (o Welfare State) il Governo e i policymaker
si impegnano attraverso un intervento diretto ad eliminare o almeno contenere
qualunque forma di disuguaglianza od ingiustizia di natura sociale ed
economica. E’ una forma di Stato che si sorregge inscindibilmente su una forma
di governo democratica e tollerante, in cui sono presenti il multipartitismo,
il suffragio universale, la parificazione dei sessi, un sofisticato sistema
previdenziale di sussidi, stipendi e pensioni, dei sindacati rappresentativi
delle classi lavoratrici, la certezza del diritto, la libera espressione di
pensiero e di stampa. Qui vengono tutelate e salvaguardate dalle Costituzioni
statuali stesse le libertà fondamentali degli individui, che i Paesi più
evoluti del mondo contemporaneo riconoscono unanimemente come tali. E’, insomma, una forma di Stato in cui i diritti civili, politici e sociali sono
garantiti per volontà dello Stato medesimo. La sua comparsa storica può datarsi
a partire dal secondo dopoguerra, con significative eccezioni, però, di Paesi
quali la Gran Bretagna, che, per molti aspetti, era uno Stato sociale già all'inizio del secolo scorso.
Riferimenti bibliografici :
G. Poma, Le istituzioni politiche della Grecia in età classica, Bologna, Il Mulino, 2003.
G. Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Bologna, Il Mulino, 2002.
M. S. Corciulo, Percorsi di Storia istituzionale europea, secoli XIII-XIX, Roma, La Sapienza, 2008.
J. H. Shennan, Le origini dello Stato moderno in Europa (1450-1725), Bologna, Il Mulino, 1974.
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