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giovedì 26 febbraio 2015

Gli elementi costitutivi fondamentali dello Stato



Gli Stati sovrani del mondo, come è noto, non sono gli unici soggetti di diritto internazionale. Il diritto internazionale contemporaneo, infatti, attribuisce anche ad altre entità organizzative uno status specifico, che in alcuni casi garantisce loro perfino il treaty-making power, ossia il potere di concludere trattati internazionali vincolanti (tra i soggetti di diritto internazionale di natura non statuale possiamo ricordare le organizzazioni internazionali e soggetti particolari quali la Santa Sede, il Sovrano Ordine di Malta, la Croce Rossa Internazionale, ecc). E tuttavia, qualunque altra entità ed istituzione politica internazionalmente riconosciuta si differenzia al suo interno dallo Stato, essendo priva di almeno uno dei suoi elementi costitutivi.
Ma quali sono, dunque, gli elementi costitutivi dello Stato? E’ generalmente accolta l’idea che essi siano almeno i tre seguenti:

1) La popolazione.

2) Il territorio. 

3) La sovranità.

Riguardo al primo punto, non si potrebbe davvero concepire uno Stato che fosse privo di popolazione. Sono infatti i cittadini a costituirne le fondamenta e lo spirito stessi. Spetta ai cittadini di formare il governo del Paese, di rivestire le cariche pubbliche, di rappresentare il proprio Stato all'estero, di infoltire i ranghi delle forze armate, di applicarne il diritto e, nel caso delle democrazie, di eleggere i propri rappresentanti. Quindi uno Stato senza popolazione è altrettanto inconcepibile di un pesce senza branchie: esso non potrebbe sopravvivere.
Né è ipotizzabile uno Stato privo di territorio, ossia uno Stato che non si estenda, almeno per una piccola quota, su una porzione geografica di terra emersa. Tutti gli Stati del mondo, in ogni tempo e luogo, si sono diffusi, ad eccezione delle proprie acque territoriali, sulla terraferma e non in alto mare, cioè nella porzione del globo in cui la sopravvivenza risulta possibile.
Rousseau approfondì lo studio del rapporto tra Stato e territorio e tra territorio e popolazione, giungendo alle seguenti conclusioni:

Come la natura ha posto alla statura degli uomini ben conformati dei termini oltre i quali produce solo giganti o nani, così, quanto alla migliore costituzione di uno Stato, ci sono dei limiti all'estensione che esso può avere, perché non sia né troppo grande per poter essere ben governato, né troppo piccolo per potersi conservare da sé. Per ogni corpo politico esiste un maximum di forza che non va oltrepassato, e da cui spesso si allontana a furia di ingrandirsi. Più il legame sociale si estende più si allenta, e, in generale, uno Stato piccolo è, in proporzione, più forte di uno grande.

Inoltre, egli sottolineò pure come l’esistenza geografica di uno Stato dovesse coincidere con il numero della popolazione abitante:

Si può misurare un corpo politico in due modi: dall'estensione del territorio e dalla consistenza numerica della popolazione; tra l’una e l’altra misura vi è un rapporto conveniente per dare allo Stato la sua vera grandezza. Sono gli uomini che fanno lo Stato ed è la terra che nutre gli uomini; il rapporto conveniente, pertanto, si ha quando la terra basta a nutrire gli abitanti e gli abitanti sono tanti quanti la terra ne può nutrire. In questa proporzione risiede il maximum di forza di un certo numero di abitanti; infatti, se c’è un eccesso di terra la difesa è gravosa, insufficienti le culture, sovrabbondante il prodotto; si ha la causa prossima delle guerre difensive; mentre, se la terra non basta, lo Stato si trova a dipendere dai vicini per supplire alla scarsezza dei prodotti e si ha la causa prossima della guerra d’offesa […].

Il terzo elemento fondamentale senza cui lo Stato non può sussistere è la sovranità.
Essa, per darne una brillante definizione di Bodin,

è il vero fondamento, il perno su cui poggia l’assetto dello Stato, da cui dipendono tutti i magistrati [ossia le cariche pubbliche], le leggi, le ordinanze [i decreti governativi]; è la sola unione e il legame di famiglie, corpi, collegi e di tutti i privati in un corpo perfetto, lo Stato.

E poco dopo prosegue dicendo che “la sovranità è il potere assoluto e perpetuo dello Stato.”

Come si può vedere, quindi, la sovranità offrirebbe al suo detentore delle prerogative pubbliche fondamentali, tra cui quella di legiferare. Per Bodin, tra l’altro, il titolare del potere sovrano (in questo caso il monarca assoluto) non sarebbe vincolato dalle leggi da lui emanate, essendo espressione della sua volontà, e dunque ad esso conseguenti: è il celebre principio del rex legibus solutus est che caratterizzava marcatamente le monarchie assolute.
Anche Rousseau ci offre un’ originale definizione di sovranità:

Come la natura dà a ciascun uomo un potere assoluto su tutte le sue membra, il patto sociale dà al corpo politico un potere assoluto su tutte le sue, ed è questo medesimo potere che, diretto dalla volontà generale, porta, come ho detto, il nome di sovranità.

Secondo il filosofo ginevrino una delle caratteristiche peculiari della sovranità sarebbe la sua inalienabilità:

Dico dunque che la sovranità, non essendo che l’esercizio della volontà generale, non può mai alienarsi, e che il sovrano, essendo solo un ente collettivo, non può essere rappresentato che da se stesso; il potere può, sì, essere trasmesso, ma non la volontà.

Altra caratteristica che la contraddistinguerebbe è la sua indivisibilità:

La sovranità, per la stessa ragione per cui è inalienabile, è anche indivisibile. Infatti la volontà o è generale o non lo è; è la volontà del corpo popolare o solo di una parte. Nel primo caso questa volontà dichiarata è un atto sovrano e fa legge; nel secondo è solo una volontà particolare, o un atto di magistrature; tutt'al più un decreto.

In ultima analisi, ciò che emerge è che la sovranità consiste nella facoltà di chi la detiene di poter autodeterminare le proprie sorti politiche senza l’ingerenza o il freno di poteri superiori, pari o inferiori. Certo, storicamente si hanno avuti esempi di Stati dalla sovranità limitata sia per ragioni politiche - si pensi ai casi di vassallaggio, reggenza, temporanea fusione dinastica, condominio con Paesi terzi, governi in esilio, sottoposizione a tributo, dominio coloniale, ecc. - sia per ragioni economiche - come nei casi di dipendenza economico-commerciale con l’estero, insufficienza di risorse naturali, vincoli provenienti da unioni doganali, mercati comuni o unioni economiche, ecc. -, tuttavia, almeno teoricamente il concetto non cambia: a parità di condizioni, la sovranità garantisce ad uno Stato il libero ed assoluto esercizio del potere di autodeterminazione senza l’intervento di ingerenze esterne, pur nel rispetto del diritto internazionale e delle convenzioni e consuetudini generalmente accolte nel mondo.

In conclusione, non pretendiamo di aver riportato tutti gli elementi caratteristici di uno Stato; probabilmente, infatti, essi sono più di tre. In ogni caso, però, se la loro lista sarebbe potuto essere più ricca, sicuramente non avrebbe potuto non ricomprendere quelli contemplati in questa sede. Senza di loro, o perdendone anche solo uno, lo Stato virtualmente si estinguerebbe. 


Riferimenti bibliografici:

J. J. Rousseau, Il Contratto Sociale, Bari, Laterza, 2006.

L. Gambino, Brani di Classici del Pensiero Politico, Torino, Giappichelli, 2002.


sabato 21 febbraio 2015

Che cosa è lo Stato? Definizioni e considerazioni




Al giorno d’oggi, l’unica forma di società politica esistente in tutto il mondo è lo Stato. Pertanto, alla condizione attuale delle cose, i termini stato civile, società politica e Stato sono praticamente sinonimi.
Ma non si dovrebbe cadere nell'errore di credere che sia sempre stato così. Nel passato, infatti, si sono avuti numerosi esempi sia di entità politiche non statuali, quali quelle tipiche delle società tribali o nomadi, sia di natura para-statuale o sub-statuale, come quelle peculiari della società feudale. Oggi invece, almeno sulla carta e fatte le dovute eccezioni per i fenomeni di guerra civile, di failed States e di collapsed States, non esistono dei poteri intermedi sovrani legittimi capaci di contrastare la supremazia interna dello Stato.
Martin Lutero
Gli stessi concetti politico-religiosi di universalismo cristiano-cattolico (che politicamente era rappresentato dal Sacro Romano Impero), e di comunità di fedeli (umma) della dottrina islamica si differenziano molto dal concetto di Stato moderno in senso stretto. Esso è infatti un modello di società politica che inizia a fare la sua comparsa in Europa come conseguenza dell’emancipazione dei sovrani europei dal vassallaggio, reale o presunto, tenuto nei confronti delle due figure dell’Imperatore e del Papa. Si potevano probabilmente già definire Stati “nazionali” diversi regni europei già all'inizio del Basso Medioevo, come quello d’Inghilterra, di Scozia, di Francia, o i regni cristiani di Spagna. La Riforma protestante, con i suoi tratti particolaristici ed esclusivisti (ad esempio il principio del cuius regio, eius religio, ossia che ogni suddito doveva professare la fede del suo principe territoriale), non farà che rinforzare ancora di più il nazionalismo di alcuni Stati (lo stesso Lutero, quando scriveva, si rivolgeva spesso ai principi della nazione tedesca) e contribuirà in maniera marcata a separare il potere religioso da quello politico, ossia la Chiesa dallo Stato, in genere subordinando la prima al secondo (il Re d’Inghilterra è, ad esempio, il Capo della Chiesa anglicana; non è l’Arcivescovo di Canterbury ad essere il Re d’Inghilterra).
Tappa decisiva verso la nascita del moderno Stato nazionale, ossia dell’entità politica che non riconosce superiori, la segneranno la diffusione delle idee laiche dell’Illuminismo e lo scoppio della Rivoluzione francese: il potere politico, da allora, risulterà del tutto scisso, nei suoi tratti fondamentali, dal potere religioso.
Tutto questo discorso introduttivo è stato inserito per dimostrare che, volendo dare una definizione al concetto di società civile, risulta sufficiente dare una definizione al concetto di Stato. E' opportuno dunque considerare i due termini come dei sinonimi.
Definire che cosa sia lo Stato può apparire in un primo momento semplice, ma, a ben vedere, ci si rende conto che non lo è affatto. Il concetto è sfuggente. In tutte le epoche esso è stato oggetto di un numero enorme di definizioni, provenienti da diverse epoche e culture, le quali il più delle volte ne hanno offerto solo una visione parziale ed incompleta. E forse è impossibile che sia altrimenti. Ciò che possiamo proporre, quindi, sono soltanto alcune tra le più note definizioni, che a noi sono parse particolarmente brillanti.
Per Aristotele lo Stato è da intendere come quella comunità che ricomprende in sé ogni altra, dunque una comunità suprema che non conosce superiori. Afferma infatti l’autore della Politica:

Poiché vediamo che ogni città [πόλις, ossia città-Stato, dunque Stato] è una comunità [κοινωνία] e che ogni comunità è costituita in vista di un qualche bene (perché tutti compiono ogni loro azione per raggiungere ciò che ad essi sembra essere un bene), è chiaro che tutte tendono a qualche bene, ma soprattutto vi tende e tende al più importante di tutti i beni la comunità che è la più importante di tutte e comprende in sé tutte le altre: e questa è quella che si chiama città [Stato] e comunità politica.

Ed aggiunge poco oltre:

La comunità perfetta di più villaggi costituisce la città [lo Stato], che ha raggiunto quello che si chiama il livello dell’autosufficienza: sorge per rendere possibile la vita e sussiste per produrre le condizioni di una buona esistenza.

Anche Bodin ci offre una definizione di Stato molto ricca:

 Lo Stato è un governo giusto che si esercita con potere sovrano su più
famiglie e sulle cose che esse hanno in comune tra loro.

Per il filosofo francese, pertanto, gli elementi determinanti sono quattro: 1) un governo giusto, ossia legittimo e rispettoso delle leggi naturali; 2) il potere sovrano; 3) le famiglie, che sono “la vera immagine dello Stato, e il potere domestico [del pater familias] somiglia al potere sovrano, ossia il giusto governo della casa è il vero modello del governo dello Stato”; 4) le cose comuni, nel senso che all'interno dello Stato è necessario che vi siano beni sia di proprietà privata che di proprietà pubblica.
La definizione che invece ne da Hobbes è la seguente:

Dunque lo STATO (per definirlo) è una persona unica, la cui volontà, per il patto di molti uomini, va ritenuta come la volontà di tutti costoro; così che può usare delle forze e delle facoltà dei singoli, per la pace e la difesa comune [il corsivo è di Hobbes].

Come afferma Bobbio nella prefazione di Per la Pace perpetua, anche per Kant,

ciò che contrappone la società civile allo stato di natura è il suo carattere di società giuridica, nel duplice senso di società regolata dal diritto, più precisamente da un diritto perentorio, la cui osservanza è affidata all’ esercizio legittimo del potere coattivo, e di società in grado, proprio in virtù della coazione legale, di garantire il diritto originario di ogni uomo che è il diritto di libertà inteso come <<indipendenza dall'arbitrio costrittivo altrui.>>

A titolo di comparazione, vale sicuramente la pena di riportare alcune definizioni di Stato proprie del pensiero politico marxista. Il marxismo, dottrina politica marcatamente internazionalista ed anti-statuale, sulla scia del filone di pensiero rousseauiano, vede lo Stato come l’arena all'interno del quale si legittima la disuguaglianza sociale e lo strumento che le classi oppressori utilizzano per asservire e sfruttare le classi più deboli.
Questa è la definizione che Engels dà allo Stato:

Lo Stato è per principio lo stato della classe più potente, della classe
economicamente e politicamente dominante.
Vladimir Lenin

E similmente Lenin:

Lo Stato è il prodotto e la manifestazione dell’antagonismo
inconciliabile delle classi.

Un grande sociologo e politologo quale Weber, invece, ci presenta una delle più meritatamente celebri definizioni:

Per Stato si deve intendere un’impresa istituzionale di carattere politico nella quale - e nella misura in cui - l’apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista dell’attuazione degli ordinamenti.

L’idea che lo Stato sia l’unico titolare legittimo dell’uso della forza fisica è senza dubbio una delle caratteristiche più rilevanti dello Stato moderno.
Infine, una delle definizioni più semplicemente efficaci è quella della Stein. Essa cerca di giungere in maniera subitanea a ciò che maggiormente caratterizza la forma politica statuale:

Lo Stato è una forma di associazione.

E forse la semplicità di questa definizione ci offre la più sicura verità circa cosa esso effettivamente sia.
Max Weber
E’ inutile sottolineare come le definizioni di Stato riportate in questo breve resoconto siano solo alcune delle molte.
Spesso può accadere, come visto, che la definizione di Stato dipenda dall'idea più o meno positiva che se ne ha dello stesso. Se, cioè, si ritiene che esso sia sorto per cause conflittuali e violente, allora, come fanno i marxisti, si pensa che il conflitto continui al suo interno tra i vari gruppi componenti e classi, a meno che una rivoluzione non ribalti la situazione, abolendo le disuguaglianze sociali, politiche ed economiche ed istituendo una società politica non statuale di stampo egualitario.
Se invece si crede che la sua genesi dipenda da cause consensuali e di natura pacifica, allora la definizione potrà essere o positiva o quantomeno neutrale.
Volendo offrire una definizione di stato civile parzialmente esaustiva potrà essere sufficiente affermare quanto segue:

Lo stato civile è quella condizione in cui soggiace l’essere umano successivamente alla fuoriuscita dallo stato di natura, ossia quella condizione in cui, per personale  scelta o per imposizione, il campo delle sue libertà naturali è sottoposto dalla volontà dei consociati a precisi vincoli garantistici. E’, ancora, uno stato in cui i rapporti umani sono disciplinati  da freni politico-giuridici ben definiti, posti a tutela dell’ordine pubblico e dalla certezza del diritto. E’, altresì, lo stato in cui l’unione di molti individui ha costituito un unico corpo, dotato di forza e volontà unanime, che ha reso possibile nel mondo una sopravvivenza sociale. E infine, nello Stato l’individuo è certo che qualunque violazione verrà coattivamente sanzionata.


Riferimenti bibliografici:

Aristotele, Politica e Costituzione di Atene, Torino, UTET, 2006.

L. Gambino, Brani di Classici del Pensiero Politico, Torino, Giappichelli, 2002.

T. Hobbes, De Cive, Roma, Editori Riuniti, 2005.

I. Kant, Per la Pace Perpetua, Roma, Editori Riuniti, 2005.

F. Engels, L’Origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, Roma, Newton & Compton, 2006.

V. Lenin, Stato e rivoluzione, Roma, Editori Riuniti, 1970.

M. Weber, Economia e società, Roma, Donzelli, 2005.

E. Stein, Una ricerca sullo Stato, Roma, Città Nuova, 1993.


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