Al giorno d’oggi, l’unica forma di società politica esistente in tutto il mondo è
lo Stato. Pertanto, alla condizione attuale delle cose, i termini stato civile,
società politica e Stato sono praticamente sinonimi.
Ma non si dovrebbe cadere nell'errore di credere che sia sempre stato così. Nel passato, infatti, si sono
avuti numerosi esempi sia di entità politiche non statuali, quali quelle
tipiche delle società tribali o nomadi, sia di natura para-statuale o
sub-statuale, come quelle peculiari della società feudale. Oggi invece, almeno
sulla carta e fatte le dovute eccezioni per i fenomeni di guerra civile, di failed States e di collapsed States, non esistono dei poteri intermedi sovrani
legittimi capaci di contrastare la supremazia interna dello Stato.
Martin Lutero |
Gli stessi concetti
politico-religiosi di universalismo cristiano-cattolico (che politicamente era
rappresentato dal Sacro Romano Impero), e di comunità di fedeli (umma) della dottrina islamica si
differenziano molto dal concetto di Stato moderno in senso stretto. Esso è
infatti un modello di società politica che inizia a fare la sua comparsa in Europa
come conseguenza dell’emancipazione dei sovrani europei dal vassallaggio, reale
o presunto, tenuto nei confronti delle due figure dell’Imperatore e del Papa.
Si potevano probabilmente già definire Stati “nazionali” diversi regni europei
già all'inizio del Basso Medioevo, come quello d’Inghilterra, di Scozia, di
Francia, o i regni cristiani di Spagna. La Riforma protestante, con i suoi
tratti particolaristici ed esclusivisti (ad esempio il principio del cuius regio, eius religio, ossia che
ogni suddito doveva professare la fede del suo principe territoriale), non farà
che rinforzare ancora di più il nazionalismo di alcuni Stati (lo stesso Lutero,
quando scriveva, si rivolgeva spesso ai principi della nazione tedesca) e contribuirà in maniera marcata a separare il
potere religioso da quello politico, ossia la Chiesa dallo Stato, in genere
subordinando la prima al secondo (il Re d’Inghilterra è, ad esempio, il Capo
della Chiesa anglicana; non è l’Arcivescovo di Canterbury ad essere il Re
d’Inghilterra).
Tappa decisiva verso la
nascita del moderno Stato nazionale, ossia dell’entità politica che non
riconosce superiori, la segneranno la diffusione delle idee laiche
dell’Illuminismo e lo scoppio della Rivoluzione francese: il potere politico,
da allora, risulterà del tutto scisso, nei suoi tratti fondamentali, dal potere
religioso.
Tutto questo discorso
introduttivo è stato inserito per dimostrare che, volendo dare una definizione
al concetto di società civile, risulta sufficiente dare una definizione al
concetto di Stato. E' opportuno dunque considerare i
due termini come dei sinonimi.
Definire che cosa sia lo Stato può apparire in un
primo momento semplice, ma, a ben vedere, ci si rende conto che non lo è
affatto. Il concetto è sfuggente. In tutte le epoche esso è stato oggetto di un
numero enorme di definizioni, provenienti da diverse epoche e culture, le quali
il più delle volte ne hanno offerto solo una visione parziale ed incompleta. E
forse è impossibile che sia altrimenti. Ciò che possiamo proporre, quindi, sono
soltanto alcune tra le più note definizioni, che a noi sono parse
particolarmente brillanti.
Per Aristotele lo Stato è da intendere come quella
comunità che ricomprende in sé ogni altra, dunque una comunità suprema che non
conosce superiori. Afferma infatti l’autore della Politica:
Poiché
vediamo che ogni città [πόλις, ossia
città-Stato, dunque Stato] è una comunità [κοινωνία]
e che ogni comunità è costituita in vista di un qualche bene (perché tutti
compiono ogni loro azione per raggiungere ciò che ad essi sembra essere un
bene), è chiaro che tutte tendono a qualche bene, ma soprattutto vi tende e tende
al più importante di tutti i beni la comunità che è la più importante di tutte
e comprende in sé tutte le altre: e questa è quella che si chiama città [Stato]
e comunità politica.
Ed
aggiunge poco oltre:
La comunità perfetta di più villaggi costituisce la
città [lo Stato], che ha raggiunto quello che si chiama il livello
dell’autosufficienza: sorge per rendere possibile la vita e sussiste per
produrre le condizioni di una buona esistenza.
Anche
Bodin ci offre una definizione di Stato molto ricca:
Lo Stato è un
governo giusto che si esercita con potere sovrano su più
famiglie
e sulle cose che esse hanno in comune tra loro.
Per
il filosofo francese, pertanto, gli elementi determinanti sono quattro: 1) un
governo giusto, ossia legittimo e rispettoso delle leggi naturali; 2) il potere
sovrano; 3) le famiglie, che sono “la vera immagine dello Stato, e il potere
domestico [del pater familias]
somiglia al potere sovrano, ossia il giusto governo della casa è il vero
modello del governo dello Stato”; 4) le cose comuni, nel senso che all'interno dello Stato è necessario che vi siano beni sia di proprietà privata
che di proprietà pubblica.
La
definizione che invece ne da Hobbes è la seguente:
Dunque
lo STATO (per definirlo) è una persona
unica, la cui volontà, per il
patto di molti uomini, va ritenuta come la volontà
di tutti costoro; così che può usare delle forze e delle facoltà dei singoli,
per la pace e la difesa comune [il corsivo è di Hobbes].
Come
afferma Bobbio nella prefazione di Per la
Pace perpetua, anche per Kant,
ciò
che contrappone la società civile allo stato di natura è il suo carattere di
società giuridica, nel duplice senso di società regolata dal diritto, più
precisamente da un diritto perentorio, la cui osservanza è affidata all’
esercizio legittimo del potere coattivo, e di società in grado, proprio in
virtù della coazione legale, di garantire il diritto originario di ogni uomo
che è il diritto di libertà inteso come <<indipendenza dall'arbitrio costrittivo altrui.>>
A
titolo di comparazione, vale sicuramente la pena di riportare alcune
definizioni di Stato proprie del pensiero politico marxista. Il marxismo,
dottrina politica marcatamente internazionalista ed anti-statuale, sulla scia del filone di pensiero rousseauiano, vede lo Stato come l’arena all'interno del quale si legittima la disuguaglianza sociale e lo strumento che le classi
oppressori utilizzano per asservire e sfruttare le classi più deboli.
Questa
è la definizione che Engels dà allo Stato:
Lo Stato è per principio lo
stato della classe più potente, della classe
economicamente e
politicamente dominante.
Vladimir Lenin |
E
similmente Lenin:
Lo
Stato è il prodotto e la manifestazione dell’antagonismo
inconciliabile
delle classi.
Un
grande sociologo e politologo quale Weber, invece, ci presenta una delle più
meritatamente celebri definizioni:
Per
Stato si deve intendere un’impresa istituzionale di carattere politico nella
quale - e nella misura in cui - l’apparato amministrativo avanza con successo
una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista
dell’attuazione degli ordinamenti.
L’idea
che lo Stato sia l’unico titolare legittimo dell’uso della forza fisica è senza
dubbio una delle caratteristiche più rilevanti dello Stato moderno.
Infine,
una delle definizioni più semplicemente efficaci è quella della Stein. Essa cerca
di giungere in maniera subitanea a ciò che maggiormente caratterizza la forma
politica statuale:
Lo Stato è una forma di associazione.
E forse la semplicità di
questa definizione ci offre la più sicura verità circa cosa esso effettivamente
sia.
Max Weber |
E’
inutile sottolineare come le definizioni di Stato riportate in questo breve resoconto siano solo alcune delle molte.
Spesso
può accadere, come visto, che la definizione di Stato dipenda dall'idea più o
meno positiva che se ne ha dello stesso. Se, cioè, si ritiene che esso sia
sorto per cause conflittuali e violente, allora, come fanno i marxisti, si
pensa che il conflitto continui al suo interno tra i vari gruppi componenti e
classi, a meno che una rivoluzione non ribalti la situazione, abolendo le
disuguaglianze sociali, politiche ed economiche ed istituendo una società
politica non statuale di stampo egualitario.
Se
invece si crede che la sua genesi dipenda da cause consensuali e di natura
pacifica, allora la definizione potrà essere o positiva o quantomeno neutrale.
Volendo offrire una definizione di stato civile parzialmente esaustiva
potrà essere sufficiente affermare quanto segue:
Lo stato civile è quella
condizione in cui soggiace l’essere umano successivamente
alla fuoriuscita dallo stato di natura, ossia quella condizione in cui, per
personale scelta o per imposizione, il
campo delle sue libertà naturali è sottoposto dalla volontà dei consociati a
precisi vincoli garantistici. E’, ancora, uno stato in cui i rapporti umani
sono disciplinati da freni
politico-giuridici ben definiti, posti a tutela dell’ordine pubblico e dalla
certezza del diritto. E’, altresì, lo stato in cui l’unione di molti individui
ha costituito un unico corpo, dotato di forza e volontà unanime, che ha reso
possibile nel mondo una sopravvivenza sociale. E infine, nello Stato l’individuo è certo che qualunque violazione verrà
coattivamente sanzionata.
Riferimenti bibliografici:
Aristotele, Politica e
Costituzione di Atene, Torino, UTET, 2006.
L. Gambino, Brani di Classici del
Pensiero Politico, Torino, Giappichelli, 2002.
T. Hobbes, De Cive, Roma,
Editori Riuniti, 2005.
I. Kant, Per la Pace Perpetua,
Roma, Editori Riuniti, 2005.
F. Engels, L’Origine della
Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, Roma, Newton &
Compton, 2006.
V. Lenin, Stato e rivoluzione,
Roma, Editori Riuniti, 1970.
M. Weber, Economia e società, Roma, Donzelli, 2005.
E. Stein, Una ricerca sullo Stato,
Roma, Città Nuova, 1993.
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