domenica 22 marzo 2015

L’arte della guerra secondo Clausewitz. Un breve resoconto. Parte I



Secondo quanto ritiene Carl von Clausewitz (1780-1831), il celebre generale e teorico militare prussiano autore del trattato “Della Guerra” (Vom Kriege), esistono due tipi distinti di guerra:  

-Guerra di abbattimento o di annientamento.
-Guerra limitata nello scopo e nei mezzi (circoscritta).

La prima ha lo scopo di annientare politicamente il nemico o semplicemente di disarmarlo e di costringerlo ad una pace a discrezione del vincitore; la seconda invece serve soltanto per conquiste ai confini del territorio nemico al fine di annetterle o di utilizzarle quali mezzi di scambio nel corso delle trattative di pace.
Allo stesso tempo, esistono anche due tipi diversi di pace:

- Pace dettata od imposta (unilaterale).
-Pace negoziata e contrattata (bi- o plurilaterale).

La prima presuppone una vittoria decisiva ma non necessariamente la scomparsa politica del nemico; al contrario, la seconda presuppone una vittoria o un andamento bellico non definitivi né risolutivi, ovvero la volontà di non impegnarsi in una guerra decisiva per imporre la pace.
Non si inizia nessuna guerra senza sapere cosa si voglia raggiungere mediante essa. Ed in ogni caso, la guerra va combattuta tenendo sempre presente il tipo di pace cui si mira: invero, più importante della vittoria è saper sfruttare la vittoria.
Carl von Clausewitz
Circa la differenza tra strategia e tattica, la prima rientra in senso lato nella sfera più propriamente politica di uno Stato, ricomprendendo quindi non solo considerazioni squisitamente militari, laddove la tattica attiene esclusivamente alla condotta militare della guerra, descrivendo il tipo di tecnica militare che si utilizza nel corso di una battaglia. E’ altresì importante rilevare che la strategia può indicare una campagna militare nel suo complesso, mentre la tattica in generale descrive più piccoli dettagli all’interno della campagna stessa (una battaglia, una scaramuccia, un inseguimento, una ricognizione, ecc.).
Per Clausewitz, la violenza fisica è il mezzo, laddove l’imposizione della volontà è lo scopo della guerra (se non v’è scopo, non v’è mezzo). Ne deriva che ogni guerra inizia poiché esiste uno scopo che si vuole ottenere con essa.
Il logoramento, che rappresenta il consumo graduale delle forza armate avversarie, può essere sfruttato da una condizione difensiva (negativa): non ha senso ai fini dell’economia di guerra infatti per l’attaccante logorare il nemico attivamente (condizione aggressiva positiva), ma è meglio che il nemico si logori per fattori oggettivi che non sprechino le nostre proprie forze, come le condizioni climatiche, l’isolamento dalle sue linee di comunicazione, ecc.
Se un difensore risulta essere un bravo difensore comincerà la battaglia, o la guerra, in condizioni di difesa e le finirà in veste di attaccante, ribaltando la situazione a suo vantaggio. Sebbene è molto facile che da una situazione di conflitto politico-territoriale possa sorgere una guerra di annientamento, in verità è molto più ricorrente e facile che ne derivi una semplice guerra circoscritta nello spazio e nel tempo. Una guerra di annientamento, comunque, prevede sempre un riassetto geopolitico degli Stati, una guerra circoscritta (anche se in essa si sono combattute battaglie d’annientamento decisive) generalmente no.
Ma che cosa è la guerra? Per Clausewitz la guerra costituisce niente più che un duello più esteso. Più specificamente, la guerra, che ha lo scopo più immediato di rendere incapace l’avversario di ogni ulteriore resistenza abbattendola, è un atto di violenza per costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà. Se quindi scomponiamo le parole chiave dell’essenza della guerra vediamo che essa presuppone la violenza, ossia una qualche forma più o meno accentuata di coercizione fisica e psicologica, e l’annichilimento della volontà dell’avversario, ossia la distruzione della volontà di tensione ostile del nemico nei nostri confronti e la sua sostituzione con la nostra volontà, che va ad imporre un obbligo di sottomissione. E per quanto riguarda il vero obiettivo dell’azione bellica, esso consiste nel disarmo del nemico.
Per quanto riguarda invece la conduzione della guerra, occorre distinguere tra quella posta in essere dai popoli civili e dai popoli selvaggi. I popoli civili, che sono mossi dall’intelligenza, combattono una guerra spinti da intenzioni intelligenti (scopo intelligente), dunque sono mossi da intenzioni ostili giustificabili dal punto di vista razionale. Al contrario, i popoli selvaggi combattono per puro spirito emotivo, dunque senza scopo, ossia per un mero sentimento ostile innato e spurio, fine a se stesso e improduttivo (scopo emotivo). Ne deriva che i popoli civili possono raggiungere obiettivi maggiori a spese minori, concentrandosi a minimizzare le perdite umane e di massimizzare il profitto finale del conflitto. Le guerre più intelligenti sono quelle che si vincono con il minore spargimento di sangue possibile, sia proprio che avversario, e tuttavia raggiungendo lo scopo maggiore che ci si prefiggeva allo scoppio del conflitto. Nell’antica arte militare la battaglia più intelligente e risolutiva era quella che si faceva esclusivamente manovrando, senza bisogno di ingaggiare il combattimento: la vittoria d’astuzia, che economizzava il fattore perdite umane, prevedeva il riposizionamento dell’esercito in posizioni di vantaggio attraverso il mero consumo dei tacchi degli stivali, senza spargimento di sangue ma con il nemico obbligato ad arrendersi. Come si poteva giungere alla vittoria d’astuzia? Spostando celermente il proprio esercito e accerchiando quello avversario con movimenti imprevisti ed immodificabili (per un esempio concreto, basti, per tutti, la conduzione napoleonica della battaglia di Ulma nell’ottobre 1805).
Capitolazione del generale Mack a Ulma (ottobre 1805)
Per eliminare l’avversario, ossia per disarmarlo (disarmo = liquidazione dell’avversario), occorre commisurare i propri mezzi disponibili bellici e forza di volontà/morale delle nostre truppe con gli stessi parametri di cui dispone l’avversario. La guerra vede sempre opposte due forze armate (tre o più fazioni in armi tra loro vi possono tuttavia essere in caso di guerra civile, ma non è escluso che si possano coalizzare tra loro, trasformandosi in due), ossia attaccante e difensore: ad esse poi si collegheranno le forza armate alleate delle rispettive coalizioni. Nella storia della guerra non si è mai registrato il caso di uno scenario in cui di tutte le potenze lottassero contro tutte, invece è sempre ricorso il caso di coalizioni che, sebbene in combattimento su diversi fronti, facevano sempre riferimento ad una sola coalizione, lega od intesa (e ciò, naturalmente senza che Clausewitz potesse prevederlo, sarebbe valso anche per i due conflitti mondiali). L’esigenza di costituire una coalizione o intesa nasce dalla semplice costatazione matematica per la quale l’” unione fa la forza, la divisione la debolezza” e dunque è naturale cercare di far valere i propri interessi congiuntamente anziché isolatamente. In generale, poi, quando si considerano le forza armate in combattimento in una guerra, soprattutto nel caso di guerra totale, esse non vanno circoscritte soltanto all’esercito regolare, ma comprendono altresì il popoli (tanto più in caso di coscrizione obbligatoria), lo Stato (ossia l’apparato politico-burocratico) e la nazione geografica; ecco perché quando si parla di popolo in armi bisogna espanderne il più possibile l’accezione, nel senso di includerne la geografia fisica, la geografia politica, lo spirito del popolo, la razza del popolo, il sistema dei valori morali, religiosi e politici.                          
La storia insegna che contro un nemico comune è sempre meglio unirsi in lotta, superando le eventuali particolaristiche rivalità in vista del bene comune e per sconfiggere insieme il male peggiore. Ciò non esclude che quando si sia sconfitto il nemico comune si possa tornare nella disunione a combattersi reciprocamente in modo particolaristico. Pensiamo ad esempio ai greci, che si unirono per sconfiggere i persiani invasori nel 490 a.C. e 480-479 a.C. salvo poi scindersi in due leghe, quella che faceva capo ad Atene e quella che faceva capo a Sparta, per combattersi tra loro nella guerra del Peloponneso (431-404 a.C.). Oppure pensiamo al caso dei galli, molti dei quali si unirono a Giulio Cesare per sconfiggere Ariovisto e i suoi germani, salvo poi scivolare via dall’alleanza romana per combattere con gli altri galli contro Cesare nel corso della guerra di Gallia (58-51 a.C.). La vittoria di una coalizione comporta la sconfitta dell’altra: non vi possono essere mai due vittorie, ma al massimo soltanto due pareggi. Ad esempio, la battaglia della Moscova (battaglia di Borodino) del settembre 1812 rappresenta un caso di pareggio, anche se si può considerare una quasi-vittoria di Napoleone.  La guerra di difesa prevede in genere un numero di uomini di esiguo, o comunque meno rilevante, rispetto alla guerra d’aggressione. Concretamente parlando, se per difendersi da un attaccante si deve possedere un certo numero di soldati, per attaccare occorre avere un numero di soldati sufficiente per la difesa del proprio territorio e in più per attaccare il nemico. Dunque se si attacca bisogna essere certi di essere nelle condizioni di poter attaccare, tenendo conto ance delle truppe di riserva; bisogna anche avere la sicurezza che l’attacco, qualora fallisca, non incida negativamente sulla necessità di difesa del proprio paese. Ciononostante, la guerra, per quanto la si possa a ridurre a calcoli matematici, è sempre pregna di eventi imprevedibili, fortunati, casuali, inaspettati, impensabili e il calibro del genio si misura nella sua capacità di sfruttarli a suo vantaggio.
Vi sono tre regole fondamentali che vanno rispettate se si voglia garantire la vittoria della campagna militare: 

-Le forze armate del nemico vanno messe nelle condizioni di non poter proseguire la lotta (cioè vanno disarmate).
-Lo Stato del nemico deve essere temporaneamente occupato per assicurarsi che non addestri nuove truppe.
-La volontà del nemico (tanto del suo Governo che di quello dei suoi alleati) va indotta alla sottomissione e alla pace.

Addivenendo alla pace, qualora essa sia giusta e proporzionata al tenore della guerra, la resistenza dovrebbe venire meno, soprattutto nel caso in cui l’élite politica convinca il suo popolo ad accettare l’accordo.
Per quanto riguarda il logoramento del nemico, di cui già si è accennato, occorre sottolineare che, tanto in una battaglia che in una campagna, esso consiste nell’esaurimento progressivo delle forze fisiche e della volontà nemiche prodotto dalla durata dell’azione. La resistenza, che è uno degli strumenti (oltre, ad esempio, alla guerriglia, o, in battaglia, alla tattica del “mordi e fuggi”) per attuare il logoramento, deve produrre la distruzione delle forze del nemico a tal punto da costringerlo a rinunciare al suo intento bellico.    
Al fine di ottenere la vittoria, ossia di imporre la nostra volontà su quella del nemico, si può ricorrere a diversi espedienti politico-militari:

-Annientare le forze nemiche.
-Conquistare le province del nemico.
-Invadere ed occupare temporaneamente le province del nemico.
-Porre in essere atti politico-diplomatici quali anche ricatti e minacce.
-Attendere passivamente l’urto nemico per poi sfruttare i vantaggi della condizione bellica difensiva. 
-Porre in essere le tattiche di logoramento quali la resistenza (attiva o passiva), la guerriglia, la tensione psicologica ostile verso l’occupante, ecc.

E’ chiaro però che nonostante tutti i mezzi e gli espedienti utilizzati, è sempre la lotta ad essere alla base della guerra, poiché tutto, nello stato di guerra, soggiace alla legge suprema della decisione delle armi e all’ordalia del combattimento. Senonché, fanno parte della guerra, o meglio della conduzione della guerra, oltre che il combattimento altri elementi quali: il reclutamento, l’armamento, l’equipaggiamento, l’esercitazione, l’apprestamento dell’artiglieria, l’arte delle fortificazioni.     

Riferimenti bibliografici:


C. von Clausewitz, Della Guerra.                  

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