In seguito alla sconfitta nella Prima guerra mondiale,
alla conferenza di pace, la Germania era stata costretta a pagare un conto
salato. Il Trattato di Versailles da un lato la ridimensionò territorialmente,
facendole perdere i possedimenti dell’Alsazia e della Lorena a vantaggio della
Francia, e quelli di Prussia occidentale, Posnania ed Alta Slesia a vantaggio
della rinata Polonia; dall’altro, considerandola responsabile dello scoppio del
conflitto, le impose la corresponsione di una cifra da definire a titolo di
riparazioni di guerra, l’occupazione del territorio renano a garanzia del
versamento della stessa e la riduzione sostanziale delle sue forze armate. Le disposizioni
del trattato di pace, considerate sotto molti punti di vista inique da una
vasta parte dell’opinione pubblica tedesca, alimentarono un acceso spirito di
revanscismo, soprattutto negli ambienti politici di orientamento maggiormente
nazionalista e conservatore.
Le perdite territoriali tedesche sancite dal Trattato di Versailles |
Alla Conferenza di Locarno del 1925 le potenze europee
erano riuscite a stabilizzare e regolamentare i confini tedesco-occidentali. In
quell’occasione, dei sette accordi conclusi, uno era l’accordo franco-tedesco,
che stabiliva il mutuo rispetto delle frontiere franco-tedesche e belga-tedesche
e che prevedeva il ruolo di Italia e Gran Bretagna quali potenze garanti, che
sarebbero intervenute nel caso in cui la Germania, violando l’accordo, fosse
penetrata nella zona smilitarizzata della Renania; un altro era il trattato di
alleanza difensiva franco-polacco; un altro ancora il trattato di alleanza
franco-cecoslovacco. Quantunque silenziose circa le specifiche disposizioni
riguardanti i confini tedesco-orientali, le clausole degli Accordi di Locarno
pareva avessero impedito sul nascere qualunque tentativo di revisionismo
territoriale della Germania.
Nella seconda metà degli anni ’20, la Germania tentò di ravvicinarsi
all’Unione Sovietica, concludendo in tal senso, nel 1926, il Trattato di
Berlino, un accordo di amicizia e neutralità che prevedeva che qualora una
parte firmataria fosse stata oggetto di un’aggressione da parte di una terza
parte, l’altra parte firmataria avrebbe mantenuto la neutralità, e che i
firmatari si impegnavano a non aderire ad una coalizione che fosse contraria
agli interessi dell’altro contraente. In questo periodo, inoltre, la
maggioranza delle forze politiche austriache era favorevole all’Anschluß, ossia all’annessione con la
Germania. Tale aspirazione sembrò trovare una prima tappa di realizzazione nel cosiddetto
progetto Curtius-Schober del 1930, ad ogni modo non realizzato, che prevedeva
un tentativo di assimilazione dell’Austria alla Germania mediante misure di
natura commerciale e doganale. Il progetto Curtius-Schober già palesò come le
opinioni pubbliche dei due paesi germanofoni, entrambi penalizzati dai trattati
di pace del primo conflitto mondiale e pertanto revisionisti, fossero inclini
alla reciproca fusione.
Adolf Hitler |
Il revisionismo territoriale tedesco, la minaccia
rappresentata dal consolidamento del bolscevismo, la caduta della Borsa di Wall
Street del 1929 – che andava a peggiorare le già precarie condizioni economiche
tedesche, registrando in Germania un tasso d’inflazione e di disoccupazione
elevatissimi – e infine la retorica ultranazionalista, razzista e antisemita,
tipica e abbondantemente diffusa in tutta l’Europa della prima metà del ‘900, furono
fattori determinanti per l’ascesa al potere del partito nazionalsocialista di
Adolf Hitler. Il programma politico del partito nazista (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, NSDAP) era già
stato tracciato nei suoi principi generali dallo stesso Hitler nella sua opera Mein Kampf, scritta, forse con l’aiuto
di pangermanisti quali Karl Haushofer, ai tempi della prigionia scontata in
seguito al fallimento del Putsch
nazista di Monaco di Baviera del 1923. I suoi punti fondamentali erano:
revisione delle inique condizioni che il Trattato di Versailles aveva imposto
alla Germania; riunificazione alla luce del principio di nazionalità di tutti i
tedeschi in un unico Stato germanico; ricerca di uno spazio vitale per il
popolo tedesco nell’Est; lotta senza quartiere al bolscevismo e al giudaismo
internazionale.
Alle parole corrisposero i fatti. Si potrebbe dire senza
esagerare, infatti, che dal 1933, anno in cui Hitler divenne cancelliere, fino
al 1939, anno di scoppio del secondo conflitto mondiale, tutta l’azione
politica hitleriana fu volta, pezzo per pezzo, ad annullare le clausole del
Trattato di Versailles, a vantaggio della Germania. In questo rapido processo
di disintegrazione di quello che i nazisti consideravano il Diktat di Versailles, le altre potenze
europee si dimostrarono nella maggior parte dei casi deboli; i tentativi di
frenare il revisionismo tedesco vi furono, ma non si può parlare di azioni ben
coordinate né di portata sufficiente.
Benito Mussolini |
Nel 1933, dopo l’ascesa al potere dei nazisti, il primo
ministro italiano Benito Mussolini tentò di concludere il celebre Patto a Quattro.
Il progetto prevedeva un accordo tra Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania
e il suo scopo era quello di conservare la pace in Europa. Ad esso si opposero
subito tanto la Polonia che la Piccola Intesa (che comprendeva Romania,
Jugoslavia e Cecoslovacchia, ossia tutti paesi anti-revisionisti e per ciò
stesso contrari ad un riavvicinamento delle altre potenze europee alla Germania).
E proprio a causa dell'opposizione dei
paesi della Piccola Intesa e alle resistenze della Francia, il Patto a Quattro
non venne mai ratificato né attuato. Laconicamente Mussolini riassunse la
situazione con una celebre, lungimirante frase: “In assenza di un accordo,
parlerà Sua Maestà il cannone”. Inoltre, la scarsa volontà tedesca di collaborare
con le altre potenze per addivenire a risultati comuni si palesò chiaramente
alla Conferenza del disarmo – che, iniziata nel 1932, si protrasse fino al 1935
– che la Germania decise di abbandonare, fuoriuscendo poco dopo anche dalla
Società delle Nazioni. Nel 1934 la Germania tentò di ridurre l’influenza
francese in Polonia, rassicurando quest’ultima con un patto di non aggressione
valido per dieci anni. Sempre accesa, poi, restava in questo periodo la
questione austriaca. Nel 1933, Mussolini, preoccupato dall’idea di un
potenziale Anschluß austro-tedesco,
propose un progetto di creazione di una coalizione di Stati danubiano-balcanici
volta a tutelare l’indipendenza austriaca. La coalizione doveva ricomprendere
paesi revisionisti quali la Croazia (il che, si noti, implicava lo smembramento
della Jugoslavia), l’Ungheria e l’Austria e doveva restare sotto influenza
italiana. Con l’Austria all’interno della coalizione, risultava impossibile,
per la Germania, la sua annessione. Nel 1934 Hitler e Mussolini si incontrarono
per la prima volta a Venezia per discutere diverse questioni. L’incontro mostrò
sin da subito la natura poco amichevole, in quel tempo, dei rapporti tra le due
potenze: vi erano notevoli punti d’attrito, infatti, su varie questioni, e soprattutto
sull’Austria e sul Sudtirolo. Fu proprio nel 1934, poi, che in Austria il
partito nazista locale tentò di attuare un colpo di Stato, eliminando fisicamente
il cancelliere Dollfuss per poterne collocare uno favorevole all’Anschluß: con l’ascesa al governo del
cancelliere Schuschnigg, anch’egli moderato e cattolico, il Putsch fallì. Nonostante lo smacco
subito dai nazisti in Austria, però, nel 1935 la Germania poté contare su un
indiscusso successo: quell’anno si tenne infatti un plebiscito nella Saar –
regione separata dalla Germania dalla fine della prima guerra mondiale – che con
maggioranza schiacciante la ricondusse nel Reich.
Le rivendicazioni tedesche in virtù del principio di nazionalità |
Dal 1934 la Germania aveva promosso un massiccio piano di
riarmo, creando un’aviazione militare (Luftwaffe)
e reintroducendo la coscrizione obbligatoria. Il rafforzamento tedesco impauriva
sempre di più tanto l’Italia quanto la Francia. Entrambe concordavano nella
necessità di evitare ad ogni costo l’Anschluß.
Fu così che nel 1935 Mussolini stipulò con la Francia gli Accordi di Roma. Oltre
alla cessione francese all’Italia di alcuni territori nelle frontiere
coloniali, essi prevedevano che Italia e Francia si impegnassero ad aiutarsi
reciprocamente per garantire l’integrità e l’indipendenza dell’Austria. Questi accordi
rappresentavano un profondo riavvicinamento tra Italia e Francia, legate da un
comune obiettivo. La tappa successiva fu la realizzazione, attraverso la
nascita del cosiddetto Fronte di Stresa, della Dichiarazione di Stresa, ossia
una dichiarazione comune italo-franco-britannica volta a condannare
congiuntamente il riarmo tedesco. Con essa, le tre potenze riaffermarono la
propria fedeltà ai Patti di Locarno, garantirono l’integrità austriaca e
protestarono contro il metodo hitleriano di denuncia unilaterale dei trattati internazionali.
Inoltre, la Francia tentò di ostacolare il rafforzamento tedesco tentando un
avvicinamento anche con l’Unione Sovietica di Stalin. Invero, per affrontare il pericolo crescente rappresentato dalla
Germania nazista, il primo ministro francese Barthou aveva elaborato un piano
che tentò di realizzare nel corso della primavera e dell'estate del 1934. La
sua intenzione era quella di negoziare un vero e proprio Patto dell'Est. L'isolazionismo
britannico faceva sì che solo due grandi potenze fossero in grado di aiutare la
Francia in funzione anti-germanica: l'Italia e l'URSS. Barthou aveva però più
fiducia nell’ Armata Rossa e il Patto dell'Est rappresentava per lui una
garanzia indispensabile. Il progetto che propose ai sovietici era il seguente:
si trattava di stipulare tre trattati, di cui uno era una garanzia reciproca
fra vicini che prevedeva un aiuto militare immediato incasso di aggressione
(Germania, URSS, Finlandia, Estonia, Lettonia, Polonia, Cecoslovacchia); il
trattato B era invece un trattato di assistenza franco-sovietico ottenuto
tramite la decisione dell'URSS al Trattato di Locarno e l'adesione francese al
Patto orientale; il terzo documento era una dichiarazione secondo la quale il
primo ed il secondo trattato non erano in contraddizione con la Società delle
Nazioni e sarebbero entrati in vigore quando l'URSS vi fosse stata ammessa (l’URSS
sarebbe entrata nella SDN proprio nel 1934, per esserne espulsa nel 1939 in
seguito all’occupazione di Estonia, Lettonia e Lituania e all’invasione della
Finlandia). Tuttavia progetto fallì di fronte al rifiuto della Polonia e della
Germania. Sennonché, di questo documento restava però l'essenziale: la
possibilità di una vera e propria alleanza franco sovietica. Nel 1935, infatti,
la conclusione del Patto di Parigi stabilì la nascita della vera e propria
alleanza franco-sovietica: si affermava che in caso di aggressione contro la
Francia o l’URSS da parte di paesi terzi, i due paesi contraenti si sarebbero
consultati. L'obiettivo del patto, che non specificava l'identità
dell'aggressore, era essenzialmente quello di garantirsi contro un attacco da
parte della Germania nazista. In particolare, il patto prevedeva che:
- in caso di minaccia di aggressione contro l'URSS o la
Francia, i due paesi firmatari si sarebbero consultati per riaffermare il
valore dell'art. 10 del Patto della Società delle Nazioni, facilitando così
l'azione del Consiglio della Società stessa;
- se il Consiglio avesse deciso delle sanzioni contro un
paese europeo colpevole di aggressione contro una delle due Parti, l'altra le
avrebbe fornito tutto il suo aiuto;
- se una di esse fosse stata attaccata senza provocazione
da uno Stato europeo e se il Consiglio della Società delle Nazioni non fosse
riuscito a prendere una decisione, l'altra potenza le avrebbe prestato
"immediatamente aiuto ed assistenza".
Un protocollo speciale, infine, garantiva che il patto
non sarebbe stato applicato se l'aggressione fosse provenuta dalla Germania e
fosse stata riconosciuta tale da Gran Bretagna ed Italia, che erano le garanti
del Patto di Locarno. Ad esso seguì un simile accordo stipulato tra Unione
Sovietica e Cecoslovacchia. Tuttavia, un protocollo annesso all'accordo
subordinava l'applicazione delle misure di mutua assistenza previste in caso di
aggressione all'aiuto prestato dalla Francia al paese attaccato. In tal modo,
se la Germania avesse attaccato la Cecoslovacchia, la Francia avrebbe avuto nei
confronti di quest'ultima una doppia responsabilità, dal momento che era legata
ad essa anche dal trattato di alleanza stipulato nel 1924 e rinnovato con gli
accordi di Locarno: una mancata reazione francese avrebbe reso vano anche il
trattato cecoslovacco-sovietico, ciò che poi si sarebbe verificato puntualmente
con la dissoluzione della Cecoslovacchia nel marzo del 1938.
Nonostante il quadro politico di tensione, per tutto il
periodo di permanenza al potere di Hitler, fino almeno alla crisi dei Sudeti
del 1938, i governi inglese e francese ritenevano fosse opportuno evitare un
conflitto bellico con la Germania, approcciandosi al nazismo con quella che
sarebbe divenuta nota come politica dell’appeasement.
In Gran Bretagna, la politica dell'appeasement
aveva contagiato l'opinione pubblica inglese, favorevole a riconoscere il Trattato
di Versailles come iniquo verso la Germania, e vedeva tra i suoi maggiori
sostenitori il premier Chamberlain (eletto nel 1937) che credeva di poter ammansire
Hitler, assecondandolo sulle rivendicazioni che credeva più ragionevoli. Alcune
forze politiche, le più conservatrici, ritenevano poi che Hitler potesse
costituire un "baluardo" ad Est contro la Russia sovietica, verso cui
comunque si sarebbero principalmente dirette le ambizioni territoriali
tedesche. Anche in Francia la paura della Germania era molto forte, ma ancora
di più era quella di una nuova guerra, che avrebbe colpito un paese
sostanzialmente in ginocchio a livello economico e lacerato politicamente al
suo interno. Di conseguenza la Francia restò sulla difensiva seguendo una
politica subalterna all'Inghilterra.
Tuttavia, nel 1936 la situazione si ribaltò. Per Hitler l’alleanza
franco-sovietica rappresentava una chiara violazione dei Patti di Locarno, i quali
prevedevano un patto di non aggressione tra Francia e Germania. Al momento
della ratifica del trattato franco-sovietico, quindi, Hitler denunciò la
violazione degli Accordi di Locarno e conseguentemente entrò in armi nella
Renania smilitarizzata; un plebiscito legittimò la temeraria impresa hitleriana.
Sempre nel 1936, poi, Germania ed Austria siglarono un accordo che, sebbene si
offrisse di garantire l’indipendenza e sovranità austriaca, rappresentava in
concreto un ulteriore passo in avanti verso l’Anschluß. La proclamazione, ancora nel 1936, della neutralità del
Belgio ruppe la solidarietà di questo paese con Francia e Gran Bretagna. Essa
rappresentò un successo tedesco poiché le alleanze che la Francia aveva
stipulato con i paesi dell’Est europeo potevano considerarsi inoperanti in
quanto in caso di guerra contro la Germania, la Francia non avrebbe potuto più
attraversare il Belgio per venire loro in soccorso: alla Francia non restò che
fortificarsi dietro alla Linea Maginot, mentre che la Germania rispondeva
fortificando la Linea Sigfrido. Altro evento rivoluzionario del maggio 1936 fu
la definitiva annessione italiana dell’Etiopia. La condanna del gesto da parte
della Società delle Nazioni allontanò l’Italia dall’intesa con Francia e Gran
Bretagna, avvicinandola di conseguenza alla Germania nazista. Già nel luglio
del 1936, invero, l’avvicinamento italo-tedesco si era espresso con la
costituzione del celebre “Asse Roma-Berlino”, in virtù del quale Mussolini
accettava l’idea di un potenziale Anschluß
austro-tedesco in cambio del riconoscimento tedesco della conquista italiana
dell’Etiopia.
La Conferenza di Monaco |
Grazie alle favorevoli circostanze dell’anno 1936, la
Germania poté quindi iniziare a costituire davvero l’ordine internazionale nazionalsocialista.
Alla Conferenza segreta di Berlino del 1937 Hitler illustrò ai suoi ministri i
piani di espansione in Austria e Cecoslovacchia. Si dovette scegliere con quale
paese iniziare, e la scelta cadde sul primo. Forte del consenso italiano e dell’appeasement franco-britannico, nel 1938
Hitler procedette all’annessione dell’Austria alla Germania: l’Anschluß fu pertanto compiuto. La tappa
seguente furono i Sudeti, ossia i territori in Boemia occidentale abitati da
una maggioranza etnica tedesca. La Cecoslovacchia poteva contare su un trattato
di alleanza con Francia e Unione Sovietica, ma in caso di attacco tedesco la
Francia doveva agire da sola poiché l’URSS sarebbe intervenuta solo se le sue
truppe avessero potuto transitare per Polonia e Romania, permesso che
naturalmente i due paesi, impauriti, non le accordarono. La Gran Bretagna
accettò dal canto suo l’annessione dei Sudeti alla Germania. Per risolvere la
questione, Mussolini propose che le potenze si incontrassero in una conferenza,
che in effetti si tenne a Monaco (dal 29 al 30 settembre 1938). Vi parteciparono
Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania e l’accordo concluso prevedeva il via
libera all’annessione tedesca dei Sudeti purché Hitler offrisse delle garanzie.
Cinicamente, la Cecoslovacchia, principale paese interessato, non fu neppure
interpellata. Dopo la firma del trattato di non aggressione anglo-tedesco e di
uno analogo franco-tedesco, la Cecoslovacchia fu smembrata: la Germania annesse
i Sudeti, la Polonia la città di Teschen, l’Ungheria la Slovacchia meridionale;
di ciò che restava si costituì una Slovacchia indipendente sotto influenza
tedesca ed il protettorato tedesco di Boemia e Moravia.
Firma del Patto Molotov-Ribbentrop |
Nel 1939, comunque, le cose mutarono. Se a un lato l’Italia
attraverso la stipulazione del Patto d’Acciaio (22 maggio 1939) – che prevedeva
un’alleanza difensiva e di aggressione italo-tedesca – aveva eliminato il
contenzioso con la Germania sul Sudtirolo, dall’altro le potenze occidentali
compresero che la Germania hitleriana non poteva più essere approcciata
attraverso una debole politica di appeasement.
I trattati di alleanza anglo-polacco e franco-polacco furono quindi conclusi
per garantire l’indipendenza polacca, minacciata dalle rivendicazioni tedesche
su Danzica e la Pomerania. Allorché in settembre la Germania, copertasi le
spalle con la stipulazione con l’URSS del Patto di non aggressione
Molotov-Ribbentrop (23 agosto 1939), attaccò la Polonia il sistema di alleanza
franco-britannico-polacco scattò e la guerra, poi divenuta mondiale, fu
inevitabile: il revisionismo tedesco aveva superato il punto di non ritorno.
Riferimenti bibliografici:
J. B. Duroselle, Storia
diplomatica dal 1919 ai nostri giorni.
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