domenica 25 gennaio 2015

Il sistema politico israeliano





1. Introduzione

Alla fine della Prima Guerra mondiale, con la dissoluzione dell’Impero ottomano, il territorio della Palestina fu affidato alla Gran Bretagna per conto di un Mandato della Società delle Nazioni. Già nel 1917, con la Dichiarazione Balfour, il Governo britannico aveva palesato la sua volontà di appoggiare il movimento sionista, con l’accettazione di creare un focolare nazionale ebraico nella ormai ex provincia ottomana palestinese. 
Nel 1947, anche in considerazione della violenta persecuzione anti-ebraica verificatasi in Europa prima e durante il secondo conflitto mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione n. 181, con la quale si proponeva di creare in quel settore del Vicino Oriente uno Stato arabo (42,8% del territorio), uno ebraico (56,4%) e un’area comprendente Gerusalemme (0,8%) sotto diretta amministrazione delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo la Gran Bretagna aveva annunciato che avrebbe posto fine al suo mandato sul territorio amministrato il 15 maggio 1948. L’Agenzia ebraica approvò la Risoluzione dell’ONU con il connesso piano di spartizione, mentre in generale gli Arabi di Palestina respinsero il progetto e gli Stati arabi limitrofi proposero in sua sostituzione la nascita di un unico Stato federato, con due governi.
In ogni caso, 14 maggio 1948 fu unilateralmente dichiarata la nascita dello Stato d’Israele, un giorno prima che le Nazioni Unite ne sancissero la creazione. Il 15 maggio, come promesso, le truppe britanniche si ritirarono dai territori del Mandato, ed immediatamente, il giorno stesso, Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania attaccarono militarmente Israele. Gli Stati arabi furono sconfitti nel maggio 1949. L’Egitto occupò la Striscia di Gaza e la Transgiordania s’annetté la Cisgiordania, mutando il nome in Giordania, mentre Israele, legittimando il suo diritto ad esistere, ingrandì ancora di più i suoi confini rispetto al piano di spartizione del 1947: fu così che terminò la guerra arabo-israeliana, in effetti la prima di quattro (1).
Come capitale del neonato Stato israeliano fu scelta, dal 1950, la città di Gerusalemme. Nonostante lo status di capitale le sia stato spesso contestato anche a livello internazionale, Gerusalemme fu confermata tale nel 1980 attraverso una Legge fondamentale della Knesset.    
Nel 1967, in seguito al vittorioso esito della Guerra dei Sei Giorni, lo Stato d’Israele occupò la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, le Alture del Golan, la Penisola del Sinai e Gerusalemme Est. Solo nel 1978, attraverso gli Accordi di Camp David, Israele si impegnava a restituire il Sinai all’Egitto in cambio del formale riconoscimento da parte di quest’ultimo dello Stato israeliano, cosa che di fatto accadde.
Ad oggi, lo status dei territori conquistati da Israele nel 1967, ad eccezione del Sinai, è ancora da definire, anche a causa della relativa stagnazione dei negoziati tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese.
E’ dunque nell’ambito di questa particolare evoluzione storica e di questo delicato panorama geopolitico che introduciamo sinteticamente le principali caratteristiche del sistema politico israeliano. Analizzeremo brevemente il modello costituzionale del paese, soffermandoci in particolare sulle caratteristiche del Capo di Stato, del Governo, del Parlamento, del sistema giudiziario e del sistema partitico. L’ultimo paragrafo del presente lavoro si sofferma invece sulla descrizione ed analisi di quella fase storico-politica dello Stato israeliano nota come “premierato elettivo”, caratterizzata, per l’appunto, dalla elezione diretta da parte degli elettori del proprio Primo Ministro.


2. Il modello costituzionale

Lo Stato d’Israele (Medinat Yisra’el) è, dal punto di vista della forma di governo, una Repubblica parlamentare che può ragionevolmente essere annoverata tra le democrazie pluralistiche di stampo occidentale. Probabilmente è infatti il solo paese dell’area del Vicino Oriente che soddisfi quelli che sono generalmente considerati i requisiti istituzionali perché uno Stato possa essere definito democratico (2).
Sebbene si tratti di una democrazia parlamentare, Israele non possiede una formale Costituzione scritta. Il suo ordinamento giuridico è misto, combinando insieme il modello europeo continentale di civil law con il modello inglese di common law, con regolamentazioni risalenti al periodo del Mandato britannico e con norme di matrice religiosa caratteristiche della tradizione culturale delle tre fondamentali religioni monoteiste rappresentate nel suo territorio, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. Nelle controversie giudiziarie, l’ordinamento prevede il ricorso, come avviene in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, al precedente che vincola il caso giudiziario successivo simile (stare decisis). Dal punto di vista normativo, possono essere considerate di rango costituzionale alcune importanti disposizioni quali la Dichiarazione d’Indipendenza del 1948, le cosiddette Leggi fondamentali che emana la Knesset e la Legge sulla cittadinanza israeliana. In ogni caso, l’ordinamento israeliano non prevede il ricorso al referendum.
E’ comunque importante sottolineare che in Israele, similmente a quanto si sta verificando negli ultimi anni in alcuni paesi di common law quali la Gran Bretagna, vi è una tendenza sempre più marcata verso una codificazione normativa organica. Prova di ciò è che sin dal 2003 la Commissione della Knesset incaricata per gli affari costituzionali e giuridici sta lavorando al concepimento di una bozza di testo costituzionale. Nel 1948, d’altronde, non era stato possibile produrre una Costituzione propriamente detta anche a causa dell’opposizione da parte di gruppi politici e religiosi che credevano incompatibile l’introduzione di un testo costituzionale laico con l’osservazione dei principi religiosi contenuti nei libri della Torah che si riferivano all’antica legge mosaica, ritenendo doveroso applicare questi come fonte normativa principale dello Stato ebraico.

3. Il capo dello Stato

Secondo la “Legge fondamentale: Il Presidente”, il Presidente dello Stato (Nesi HaMedina) è il Capo di Stato israeliano. Come in altri paesi sorretti da una forma di governo parlamentare il suo ruolo è prevalentemente rappresentativo, risultando l’esercizio del potere esecutivo praticamente delegato nella sua totalità al Primo Ministro.
L’elezione del Presidente spetta alla Knesset, che lo elegge a scrutinio segreto, e la durata del suo mandato, che non è rinnovabile, è, come per il Presidente della Repubblica italiana, di sette anni. Spetta al Presidente della Knesset, dopo essersi consultato con il Vice-presidente, di fissare il giorno dell’elezione. E’ compito dei deputati della Knesset, in numero di dieci o più, di proporre un candidato per la Presidenza; verrà eletto il candidato che avrà ottenuto la maggioranza assoluta dei voti della Knesset, e se ciò non avviene al primo turno si passerà al secondo turno di ballottaggio, e quindi al terzo e così via, man mano scartando i candidati che ottengono i voti minori, fino ad un vincitore. Una volta eletto il Presidente giura solennemente fedeltà allo Stato d’Israele e alle sue leggi.
I principali poteri del Presidente sono i seguenti:

-Promulgare ogni legge approvata, eccetto quelle relative ai suoi poteri e alla sua persona. 
-Nominare il Primo Ministro e gli altri esponenti del Governo sulla base dei risultati elettorali, e revocarne la nomina in caso di sfiducia parlamentare o dimissioni.
-Venire costantemente informato del risultato delle riunioni del Governo.
-Accreditare la rappresentanza diplomatica dello Stato e ricevere le credenziali delle rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati con cui Israele intrattiene relazioni diplomatiche e consolari.
-Siglare le Convenzioni e i Trattati internazionali così come ratificati dalla Knesset.
-Esercitare il potere di grazia e ridurre o commutare le pene.


In ogni caso, ogni atto ufficiale siglato dal Presidente dello Stato deve essere necessariamente controfirmato dal Primo Ministro o da altro Ministro appartenente al Governo.
Il Presidente gode inoltre di sostanziali immunità quali l’impossibilità di essere convocato in qualunque tribunale o corte per le azioni commesse nell’adempimento delle sue funzioni, né può essere incriminato per eventuali reati commessi durante il periodo del mandato presidenziale.
Come è intuibile, la carica di Capo dello Stato è incompatibile con qualunque altra carica istituzionale o altra occupazione.
Fatto salvo il caso di dimissioni volontarie, la Knesset può rimuovere in ogni momento il Presidente con un’apposita risoluzione che ne giustifichi la decisione e che sia votata favorevolmente da una maggioranza qualificata dei trequarti dei membri della Knesset.

4. Il Governo

Il potere esecutivo in Israele spetta al Governo, che si compone di un Gabinetto che ricomprende i Ministri e che è capeggiato da un Primo Ministro il quale, essendo il paese una Repubblica parlamentare, è soggetto alla fiducia del Parlamento. Invero il Primo Ministro israeliano (in ebraico Rosh HaMemshala) è la carica politica più importante dello Stato. Come si vedrà più avanti, vi fu un periodo tra il 1996 e il 2003 in cui il Primo Ministro veniva prescelto attraverso un’elezione popolare diretta.
Per quanto riguarda la sua entrata in carica, la prassi prevede che, in seguito alle elezioni legislative, il Presidente dello Stato, consultandosi con i leader dei partiti rappresentati in Parlamento, nomini come Primo Ministro un membro della Knesset, assegnandoli il compito di formare il Governo e di selezionare gli altri Ministri. Quindi, similmente a quanto avviene in Gran Bretagna, tanto il Primo Ministro che i Ministri sono anche dei deputati del Parlamento, ciò che implica una esplicita dipendenza ed interazione tra il potere esecutivo e quello legislativo, i quali sopravvivono congiuntamente in virtù del rapporto fiduciario che si instaura tra la maggioranza parlamentare della Knesset e l’insieme del Governo che ne è espressione. La nomina da parte del Primo Ministro dei Ministri che comporranno il suo Gabinetto deve godere dell’assenso del Parlamento.
Generalmente parlando, il Primo Ministro è il leader del partito che ottiene la maggioranza relativa dei voti (3).
Il Governo resta in carica fintanto che sussiste la fiducia parlamentare: alla sua revoca esso è costretto a dimettersi e il Parlamento a sciogliersi in vista di nuove elezioni generali.
Dal punto di vista delle sue funzioni, come in ogni altro Stato parlamentare, il Primo Ministro di Israele svolge un duplice ruolo:

-E’ membro e capo dell’organo collegiale del Gabinetto, che stabilisce l’indirizzo politico del Governo.
-E’ l’organo monocratico che dirige l’azione dei Ministri per assicurare il coordinamento e mantenere l’unità di indirizzo politico del Governo.

Il Governo d’Israele è coadiuvato nelle sue funzioni da un Segretariato esecutivo, che si occupa soprattutto di coordinare e disciplinare le riunioni del Gabinetto, i lavori delle Commissioni dicasteriali e i rapporti tra Governo e Knesset e tra Governo e Presidente dello Stato.
Come si vedrà più oltre, il Governo dispone del potere d’iniziativa legislativa, potendo proporre in Parlamento dei disegni di legge.
Alle riunioni del Gabinetto vengono discusse e approvate le varie proposte che i Ministri avanzano su una determinata materia. Se tali proposte vengono approvate, esse diventano Risoluzioni governative e dunque i Ministri proponenti devono implementarle.

5. Il Parlamento

Il Parlamento di Israele si chiama Knesset, è monocamerale, ha 120 membri ed incarna il potere legislativo dello Stato, essendo l’unico organo titolare del potere di emanare leggi cogenti. Le regole di procedure e dei lavori dell’assemblea sono contenute nella “Legge fondamentale: la Knesset”; la maggior parte dei lavori parlamentari sono posti in essere o nelle sessioni plenarie o nelle Commissioni. La Knesset può approvare qualunque tipo di legge sempreché essa non sia in contrasto o in contraddizione con una Legge fondamentale vigente.
Oltre a legiferare, l’altra fondamentale funzione della Knesset è quella di tenere sotto controllo l’operato del Governo, la cui sopravvivenza, come visto, dipende dal perdurare del rapporto fiduciario con la stessa.
I 120 membri della Knesset sono eletti in un unico collegio elettorale nazionale con un sistema elettorale di tipo proporzionale con applicazione del metodo D’Hondt, quindi il numero di seggi che ogni lista partitica ottiene nella Knesset è proporzionale al numero dei votanti che hanno votato per essa. I candidati sono scelti votando per le liste dei partiti, in quanto per le elezioni legislative non è previsto il voto di preferenza ed è prevista una soglia di sbarramento fissata dal 1996 al 2%.
La durata di una legislatura della Knesset è di quattro anni.
Il principale compito della Knesset è appunto quello di emanare la legislazione dello Stato. Le proposte di legge possono essere presentate in aula sotto tre forme:

-Disegni di legge governativi: sono le proposte legislative del governo e presentate al Presidente della Knesset dal Ministro proponente.
-Disegni di legge parlamentari: possono essere proposti sia da un singolo membro del Parlamento che da un gruppo di essi.
-Disegni di legge di una Commissione: sono disegni di legge proposti dalle varie Commissioni della Knesset su argomenti di particolare importanza quali le Leggi fondamentali.

Tanto le leggi ordinarie che le Leggi fondamentali seguono lo stesso iter per l’approvazione, e cioè sono previste varie fasi di lettura del disegno di legge, in cui è prevista la possibilità di apportare degli emendamenti, fino alla votazione finale del testo, il quale, una volta approvato, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
L’altra funzione fondamentale, ossia quella di controllo dell’Esecutivo, viene esercitata in varie maniere: innanzitutto, ogni legge che il Governo vuole emanare deve essere approvata dalla Knesset, incluse tutte le leggi di natura finanziaria o di bilancio; in secondo luogo, la Knesset può presentare una mozione di sfiducia che, se approvata, costringe il Governo a dimettersi (4).
A presiedere la Knesset è un Presidente, coadiuvato da un Vice-presidente, mentre un Segretario Generale coordina i lavori parlamentari e un Direttore Generale si occupa degli aspetti di ordine amministrativo.

6. Il sistema giudiziario

L’autorità giudiziaria israeliana si articola in tre livelli di giudizio, l’ultimo dei quali fa capo ad una Corte Suprema, che è responsabile del rispetto delle leggi nello Stato. La Corte Suprema esamina i ricorsi in appello contro le sentenza delle Corti di grado inferiore e svolge anche la funzione di controllo di costituzionalità delle leggi (judicial review), sommando contemporaneamente i poteri della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale italiane. Essa inoltre tiene seduta in qualità di Alta Corte di Giustizia per le petizioni sottoscritte dai civili contro le autorità statali.
Oltre al sistema giudiziario, in Israele esistono corti giudiziarie cui viene conferita una determinata autorità legata ad una materia specifica, come la Corte del Lavoro, la Corte marziale o le Corti religiose, ebraica, cristiana, mussulmana e drusa, che si occupano delle questioni legate ai matrimoni e ai divorzi.
La pena di morte non è in vigore tranne che per i crimini contro l’umanità e alto tradimento.

7. Il sistema partitico

Il sistema partitico israeliano si caratterizza per un multipartitismo particolarmente spiccato. La storia politica di Israele ha dimostrato che è pressoché impossibile ottenere una maggioranza assoluta di un solo partito in Parlamento, essendo il Governo quasi sempre l’espressione di una coalizione partitica.
Tra i principali partiti politici israeliani, rappresentati nel momento in cui scriviamo nella Knesset, ricordiamo:

-Kadima (letteralmente “avanti”), di orientamento centrista.
-Likud (letteralmente “consolidamento”), di centro-destra.
-Partito laburista (Ha Avoda), di centro-sinistra.
-Shas di orientamento religioso ultra-ortodosso.
-Giudaismo unito della Torah (Yahadut HaTorah HaMeukhedet, che è un’alleanza di due partiti religiosi ultra-ortodossi.
-Lista araba unita (in arabo al-Qā'ima al-'Arabiyya al-Muwaḥḥada, in ebraico Reshima Aravit Me'uhedet‎), partito che rappresenta gli interessi degli Arabi di Israele.
-Unione nazionale (Halhud HaLeumi) che è un’alleanza di partiti nazionalisti.
-Indipendenza (Sia'at Ha'Atzma'ut‎), partito centrista nato dalla secessione dal partito laburista.
-Hadash, partito di estrema sinistra.

8. Il premierato elettivo

Generalmente parlando, in uno Stato sorretto da una forma di governo parlamentare il Primo Ministro viene eletto indirettamente dal popolo, dipendendo il suo mandato dalla fiducia che ottiene dalla propria maggioranza parlamentare. Ciononostante, tra il 1996 e il 2003 Israele ha applicato una variante del parlamentarismo nota come “premierato elettivo”, nel senso che il Primo Ministro è stato eletto direttamente dal Corpo elettorale, come, ad esempio, avviene per il Presidente della Repubblica francese. Il premierato elettivo deriva in Israele dal desiderio di rafforzare l’Esecutivo di fronte a un panorama partitico che si presentava simile, per numero e qualità dei partiti, a quello italiano della Prima repubblica, cioè prima del 1993. Tant’è che per la stessa ragione anche nell’Italia della Seconda repubblica si era pensato di adottare un sistema uguale (5).
Il sistema politico del premierato elettivo fu introdotto con la “Legge fondamentale: il Governo” (1992) e si inseriva in un contesto più ampio di volontà di riforma del paese (6). La scelta di adottare il premierato elettivo fu una conseguenza della paralisi politica degli anni ’80; l’esigenza di riforma si fece strada grazie alla crescente disfunzionalità del sistema decisionale emersa dagli esiti di due successive tornate elettorali, terminate in pareggio. Tale paralisi dipendeva soprattutto da due fattori: il meccanismo elettorale proporzionale e il sistema partitico.
Almeno teoricamente il sistema politico di Israele è stato concepito sin dall’inizio simile al modello Westminster, sebbene nella prassi non si ebbe mai un partito che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, anche se il partito laburista si rivelò quantomeno egemone specialmente dal 1949 al 1977: l’egemonia dei laburisti già cominciò a dare segni di cedimento con le elezioni del 1965, per scomparire nel 1977 con la vittoria del Likud, ossia di un partito di centrodestra. L’evoluzione del sistema partitico fu dovuto ad un riallineamento tra l’elettorato israeliano: mentre laburisti e Likud si contendevano la guida del paese, gran parte del loro corpo elettorale si assottigliava andando a rinforzare quello delle rispettive periferie ideologiche, cosicché le elezioni legislative del 1984 e 1988 produssero un pareggio politico paralizzante tra Labor e Likud. Dal 1977 e fino all’introduzione del premierato elettivo, nel 1996, i due maggiori partiti detennero una forza politica pressoché uguale, e nessuno divenne egemone; essa era tuttavia sempre inferiore alla maggioranza assoluta e dunque crebbe di molto il potere contrattuale dei partiti minori, rendendoli indispensabili per la creazione di governi di coalizione. Ed è intuitivo che dipendere da coalizioni politico-partitiche eterogenee comporta una diminuzione sostanziale dei poteri del Primo Ministro.
Dal 1984 al 1990 si diede vita ad un governo di unità nazionale, che portò il paese ad una paralisi politica di grande proporzione. Con la sua improvvisa caduta, nel 1990, si fece strada l’iniziativa di introdurre il premierato elettivo come alternativa alla riforma elettorale, ossia come meccanismo volto a ridurre la frammentazione politica e rafforzare l’Esecutivo senza modificare il proporzionalismo estremo del sistema elettorale israeliano; peraltro, questa idea fu largamente sostenuta dall’opinione pubblica israeliana. In altre parole, il premierato elettivo fu un’alternativa alla riforma elettorale anziché un elemento di un più vasto pacco di riforme che includessero anche la modificazione dei meccanismi elettorali.
Il premierato elettivo, come già annunciato, fu introdotto con la “Legge fondamentale: il Governo” (1992), ed è entrato in vigore con le elezioni politiche del maggio 1996 (7). Nel marzo 2001 la precedente legge è stata abrogata e sostituita con un’omonima “Legge fondamentale: il Governo”, applicata dal 2003, che ha abolito il premierato elettivo. Invero, tra il 1992 e il 2003 i poteri del Primo Ministro israeliano sono dunque cambiati tre volte, ogni volta con l’obiettivo di rafforzare le sue prerogative di fronte alla frammentazione partitica e alla conseguente difficoltà di formare stabili e durature coalizioni governative.
La riforma del premierato elettivo prevedeva l’elezione diretta del Primo Ministro: il governo sarebbe stato un Governo del Primo Ministro, che non avrebbe avuto bisogno dell’investitura fiduciaria del Parlamento per insediarsi. Il Primo Ministro poteva nominare e licenziare i suoi Ministri senza tenere conto della volontà della Knesset. La Knesset, dal canto suo, poteva rimuovere il Primo Ministro, causando lo scioglimento di se medesima in vista di nuove elezioni, con una mozione di sfiducia approvata a maggioranza qualificata di 70 deputati su un totale di 120. Volendo schematizzare, la riforma introduceva:

-Elezione diretta del Primo Ministro da parte del Corpo elettorale.
-Indipendenza del Primo Ministro dalle maggioranze parlamentari per formare il Governo.

Gli obiettivi che si proponeva di raggiungere la riforma consistevano nel:

-Rafforzare la legittimità del Primo Ministro mediante un mandato popolare diretto.
-Rendere ogni cambio di governo subordinato alla volontà dell’Elettorato.
-Ridurre il numero e il potere dei partiti piccoli.
-Ottenere gli stessi risultati di una riforma elettorale in senso meno proporzionale.

Concretamente parlando, tuttavia, l’esperimento del premierato elettivo è stato un fallimento, poiché ha comportato l’indebolimento del potere esecutivo anziché il suo rafforzamento.
La causa fondamentale del fallimento è stato il meccanismo del voto a doppia scheda: una scheda per il Primo Ministro e una per la Knesset. La doppia scheda ha infatti rafforzato i partiti minori e indebolito il primo partito di governo. Con essa agli elettori fu data la possibilità di votare disgiuntamente (split ticket), votando per un individuo come Primo Ministro e un partito diverso per la Knesset.
Nonostante l’elezione diretta del premier, la riforma prevedeva comunque il mantenimento dell’istituto della fiducia parlamentare come requisito per l’insediamento del governo. Erano pure previste le elezioni anticipate in determinate circostanze. Ci si chiede allora come mai si avesse voluto rendere il Primo Ministro eleggibile direttamente dal Corpo elettorale, vincolandolo in ogni caso alla fiducia parlamentare e quindi alle logiche delle maggioranze partitiche: invero, il sistema del premierato elettivo accompagnato da un sistema elettorale proporzionale e dal mantenimento dell’istituto fiduciario ha prodotto un sistema politico ancora più debole e precario del passato (8).
In ultima analisi, l’esperimento è fallito per due ragioni principali:

-Mantenimento dell’istituto della fiducia parlamentare, che ha ristretto la libertà d’azione del Primo Ministro ed impedito l’evoluzione del sistema in senso, per così dire, presidenziale.
-Presenza del voto disgiunto, che ha premiato i partiti minori e penalizzato il Labor e il Likud.

Inoltre, le iniziative legislative parlamentari erano ben più consistenti di quelle governative, ciò che comportò il rafforzamento della Knesset a scapito dell’Esecutivo.

9. Note

(1)   Le altre tre guerre arabo-israeliane si ebbero nell’ottobre-novembre del 1956, nel giugno del 1967 e nell’ottobre del 1973.    
(2)   A meno che non si voglia includere tra i paesi democratici dell’area in questione anche la Turchia kemalista.    
(3)   E’ infatti rarissimo che in Israele un partito ottenga da solo una maggioranza assoluta dei voti nella Knesset cosicché spesso i governi sono il frutto di compromessi di coalizione. In verità, infatti, sin dalla fondazione dello Stato nel 1948 nessun singolo partito ha mai avuto una maggioranza assoluta in Parlamento, ma ogni governo è stato sempre espressione di coalizioni partitiche più o meno ampie.
(4)   E’ opportuno ricordare che i membri del Governo sono contemporaneamente anche deputati della Knesset.
(5)   Ad oggi, comunque, Israele resta l’unica democrazia parlamentare ad avere sperimentato il sistema governativo del premierato elettivo.
(6)   Il progetto generale di riforma prevedeva l’elezione diretta del Primo Ministro, l’emanazione di una carta dei diritti, il rafforzamento dei checks and balances tra Esecutivo e Legislativo e la modificazione del sistema elettorale in senso meno proporzionale.
(7)   Il premierato elettivo è stato sperimentato per le elezioni del 1996, 1999 e 2001.
(8)   In realtà, il progetto di legge originario aveva previsto la rimozione dell’istituto della fiducia, ma esso venne introdotto successivamente a maggioranza assoluta di voti per timore che il potere del Primo Ministro risultasse troppo grande e sbilanciato in suo favore.

10. Fonti

Libri: “Il sistema costituzionale dello Stato di Israele”, AA.VV., Giappichelli, 2006.
          “Capi di governo”, a cura di G. Pasquino, Il Mulino, 2005.



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