Alla fine della Prima
Guerra mondiale, con la dissoluzione dell’Impero ottomano, il territorio della
Palestina fu affidato alla Gran Bretagna per conto di un Mandato della Società
delle Nazioni. Già nel 1917, con la Dichiarazione Balfour, il Governo
britannico aveva palesato la sua volontà di appoggiare il movimento sionista,
con l’accettazione di creare un focolare nazionale ebraico nella ormai ex
provincia ottomana palestinese.
Nel 1947, anche in
considerazione della violenta persecuzione anti-ebraica verificatasi in Europa
prima e durante il secondo conflitto mondiale, l’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite approvò la Risoluzione n. 181, con la quale si proponeva di
creare in quel settore del Vicino Oriente uno Stato arabo (42,8% del
territorio), uno ebraico (56,4%) e un’area comprendente Gerusalemme (0,8%)
sotto diretta amministrazione delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo la Gran
Bretagna aveva annunciato che avrebbe posto fine al suo mandato sul territorio
amministrato il 15 maggio 1948. L’Agenzia ebraica approvò la Risoluzione
dell’ONU con il connesso piano di spartizione, mentre in generale gli Arabi di
Palestina respinsero il progetto e gli Stati arabi limitrofi proposero in sua
sostituzione la nascita di un unico Stato federato, con due governi.
In ogni caso, 14 maggio
1948 fu unilateralmente dichiarata la nascita dello Stato d’Israele, un giorno
prima che le Nazioni Unite ne sancissero la creazione. Il 15 maggio, come
promesso, le truppe britanniche si ritirarono dai territori del Mandato, ed
immediatamente, il giorno stesso, Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania
attaccarono militarmente Israele. Gli Stati arabi furono sconfitti nel maggio
1949. L’Egitto occupò la Striscia di Gaza e la Transgiordania s’annetté la
Cisgiordania, mutando il nome in Giordania, mentre Israele, legittimando il suo
diritto ad esistere, ingrandì ancora di più i suoi confini rispetto al piano di
spartizione del 1947: fu così che terminò la guerra arabo-israeliana, in
effetti la prima di quattro (1).
Come capitale del neonato
Stato israeliano fu scelta, dal 1950, la città di Gerusalemme. Nonostante lo
status di capitale le sia stato spesso contestato anche a livello
internazionale, Gerusalemme fu confermata tale nel 1980 attraverso una Legge
fondamentale della Knesset.
Nel 1967, in seguito al
vittorioso esito della Guerra dei Sei Giorni, lo Stato d’Israele occupò la
Striscia di Gaza, la Cisgiordania, le Alture del Golan, la Penisola del Sinai e
Gerusalemme Est. Solo nel 1978, attraverso gli Accordi di Camp David, Israele
si impegnava a restituire il Sinai all’Egitto in cambio del formale
riconoscimento da parte di quest’ultimo dello Stato israeliano, cosa che di
fatto accadde.
Ad oggi, lo status dei
territori conquistati da Israele nel 1967, ad eccezione del Sinai, è ancora da
definire, anche a causa della relativa stagnazione dei negoziati tra Israele e
Autorità Nazionale Palestinese.
E’ dunque nell’ambito di
questa particolare evoluzione storica e di questo delicato panorama geopolitico
che introduciamo sinteticamente le principali caratteristiche del sistema
politico israeliano. Analizzeremo brevemente il modello costituzionale del
paese, soffermandoci in particolare sulle caratteristiche del Capo di Stato,
del Governo, del Parlamento, del sistema giudiziario e del sistema partitico.
L’ultimo paragrafo del presente lavoro si sofferma invece sulla descrizione ed
analisi di quella fase storico-politica dello Stato israeliano nota come
“premierato elettivo”, caratterizzata, per l’appunto, dalla elezione diretta da
parte degli elettori del proprio Primo Ministro.
2. Il modello
costituzionale
Lo Stato d’Israele
(Medinat Yisra’el) è, dal punto di vista della forma di governo, una Repubblica
parlamentare che può ragionevolmente essere annoverata tra le democrazie
pluralistiche di stampo occidentale. Probabilmente è infatti il solo paese
dell’area del Vicino Oriente che soddisfi quelli che sono generalmente
considerati i requisiti istituzionali perché uno Stato possa essere definito
democratico (2).
Sebbene si tratti di una
democrazia parlamentare, Israele non possiede una formale Costituzione scritta.
Il suo ordinamento giuridico è misto, combinando insieme il modello europeo
continentale di civil law con il modello inglese di common law, con regolamentazioni
risalenti al periodo del Mandato britannico e con norme di matrice religiosa
caratteristiche della tradizione culturale delle tre fondamentali religioni
monoteiste rappresentate nel suo territorio, l’Ebraismo, il Cristianesimo e
l’Islam. Nelle controversie giudiziarie, l’ordinamento prevede il ricorso, come
avviene in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, al precedente che vincola il caso
giudiziario successivo simile (stare decisis). Dal punto di vista normativo,
possono essere considerate di rango costituzionale alcune importanti
disposizioni quali la Dichiarazione d’Indipendenza del 1948, le cosiddette
Leggi fondamentali che emana la Knesset e la Legge sulla cittadinanza
israeliana. In ogni caso, l’ordinamento israeliano non prevede il ricorso al referendum.
E’ comunque importante
sottolineare che in Israele, similmente a quanto si sta verificando negli
ultimi anni in alcuni paesi di common law quali la Gran Bretagna, vi è una
tendenza sempre più marcata verso una codificazione normativa organica. Prova
di ciò è che sin dal 2003 la Commissione della Knesset incaricata per gli
affari costituzionali e giuridici sta lavorando al concepimento di una bozza di
testo costituzionale. Nel 1948, d’altronde, non era stato possibile produrre
una Costituzione propriamente detta anche a causa dell’opposizione da parte di
gruppi politici e religiosi che credevano incompatibile l’introduzione di un
testo costituzionale laico con l’osservazione dei principi religiosi contenuti
nei libri della Torah che si riferivano all’antica legge mosaica, ritenendo
doveroso applicare questi come fonte normativa principale dello Stato ebraico.
3. Il capo dello Stato
Secondo la “Legge
fondamentale: Il Presidente”, il Presidente dello Stato (Nesi HaMedina) è il
Capo di Stato israeliano. Come in altri paesi sorretti da una forma di governo
parlamentare il suo ruolo è prevalentemente rappresentativo, risultando
l’esercizio del potere esecutivo praticamente delegato nella sua totalità al
Primo Ministro.
L’elezione del Presidente
spetta alla Knesset, che lo elegge a scrutinio segreto, e la durata del suo
mandato, che non è rinnovabile, è, come per il Presidente della Repubblica
italiana, di sette anni. Spetta al Presidente della Knesset, dopo essersi
consultato con il Vice-presidente, di fissare il giorno dell’elezione. E’
compito dei deputati della Knesset, in numero di dieci o più, di proporre un
candidato per la Presidenza; verrà eletto il candidato che avrà ottenuto la
maggioranza assoluta dei voti della Knesset, e se ciò non avviene al primo
turno si passerà al secondo turno di ballottaggio, e quindi al terzo e così
via, man mano scartando i candidati che ottengono i voti minori, fino ad un
vincitore. Una volta eletto il Presidente giura solennemente fedeltà allo Stato
d’Israele e alle sue leggi.
I principali poteri del
Presidente sono i seguenti:
-Promulgare ogni legge approvata, eccetto quelle relative ai suoi poteri e alla sua persona.
-Nominare il Primo
Ministro e gli altri esponenti del Governo sulla base dei risultati elettorali,
e revocarne la nomina in caso di sfiducia parlamentare o dimissioni.
-Venire costantemente
informato del risultato delle riunioni del Governo.
-Accreditare la
rappresentanza diplomatica dello Stato e ricevere le credenziali delle
rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati con cui Israele intrattiene
relazioni diplomatiche e consolari.
-Siglare le Convenzioni e
i Trattati internazionali così come ratificati dalla Knesset.
-Esercitare il potere di
grazia e ridurre o commutare le pene.
In ogni caso, ogni atto
ufficiale siglato dal Presidente dello Stato deve essere necessariamente
controfirmato dal Primo Ministro o da altro Ministro appartenente al Governo.
Il Presidente gode
inoltre di sostanziali immunità quali l’impossibilità di essere convocato in
qualunque tribunale o corte per le azioni commesse nell’adempimento delle sue
funzioni, né può essere incriminato per eventuali reati commessi durante il
periodo del mandato presidenziale.
Come è intuibile, la
carica di Capo dello Stato è incompatibile con qualunque altra carica
istituzionale o altra occupazione.
Fatto salvo il caso di
dimissioni volontarie, la Knesset può rimuovere in ogni momento il Presidente
con un’apposita risoluzione che ne giustifichi la decisione e che sia votata
favorevolmente da una maggioranza qualificata dei trequarti dei membri della
Knesset.
4. Il Governo
Il potere esecutivo in
Israele spetta al Governo, che si compone di un Gabinetto che ricomprende i
Ministri e che è capeggiato da un Primo Ministro il quale, essendo il paese una
Repubblica parlamentare, è soggetto alla fiducia del Parlamento. Invero il
Primo Ministro israeliano (in ebraico Rosh HaMemshala) è la carica politica più
importante dello Stato. Come si vedrà più avanti, vi fu un periodo tra il 1996
e il 2003 in cui il Primo Ministro veniva prescelto attraverso un’elezione
popolare diretta.
Per quanto riguarda la
sua entrata in carica, la prassi prevede che, in seguito alle elezioni
legislative, il Presidente dello Stato, consultandosi con i leader dei partiti
rappresentati in Parlamento, nomini come Primo Ministro un membro della
Knesset, assegnandoli il compito di formare il Governo e di selezionare gli
altri Ministri. Quindi, similmente a quanto avviene in Gran Bretagna, tanto il
Primo Ministro che i Ministri sono anche dei deputati del Parlamento, ciò che
implica una esplicita dipendenza ed interazione tra il potere esecutivo e
quello legislativo, i quali sopravvivono congiuntamente in virtù del rapporto
fiduciario che si instaura tra la maggioranza parlamentare della Knesset e
l’insieme del Governo che ne è espressione. La nomina da parte del Primo
Ministro dei Ministri che comporranno il suo Gabinetto deve godere dell’assenso
del Parlamento.
Generalmente parlando, il
Primo Ministro è il leader del partito che ottiene la maggioranza relativa dei
voti (3).
Il Governo resta in
carica fintanto che sussiste la fiducia parlamentare: alla sua revoca esso è
costretto a dimettersi e il Parlamento a sciogliersi in vista di nuove elezioni
generali.
Dal punto di vista delle
sue funzioni, come in ogni altro Stato parlamentare, il Primo Ministro di
Israele svolge un duplice ruolo:
-E’ membro e capo dell’organo collegiale del Gabinetto, che stabilisce l’indirizzo politico del Governo.
-E’ l’organo monocratico
che dirige l’azione dei Ministri per assicurare il coordinamento e mantenere
l’unità di indirizzo politico del Governo.
Il Governo d’Israele è
coadiuvato nelle sue funzioni da un Segretariato esecutivo, che si occupa
soprattutto di coordinare e disciplinare le riunioni del Gabinetto, i lavori
delle Commissioni dicasteriali e i rapporti tra Governo e Knesset e tra Governo
e Presidente dello Stato.
Come si vedrà più oltre,
il Governo dispone del potere d’iniziativa legislativa, potendo proporre in
Parlamento dei disegni di legge.
Alle riunioni del
Gabinetto vengono discusse e approvate le varie proposte che i Ministri
avanzano su una determinata materia. Se tali proposte vengono approvate, esse
diventano Risoluzioni governative e dunque i Ministri proponenti devono
implementarle.
5. Il Parlamento
Il Parlamento di Israele
si chiama Knesset, è monocamerale, ha 120 membri ed incarna il potere
legislativo dello Stato, essendo l’unico organo titolare del potere di emanare
leggi cogenti. Le regole di procedure e dei lavori dell’assemblea sono
contenute nella “Legge fondamentale: la Knesset”; la maggior parte dei lavori
parlamentari sono posti in essere o nelle sessioni plenarie o nelle
Commissioni. La Knesset può approvare qualunque tipo di legge sempreché essa
non sia in contrasto o in contraddizione con una Legge fondamentale vigente.
Oltre a legiferare,
l’altra fondamentale funzione della Knesset è quella di tenere sotto controllo
l’operato del Governo, la cui sopravvivenza, come visto, dipende dal perdurare
del rapporto fiduciario con la stessa.
I 120 membri della
Knesset sono eletti in un unico collegio elettorale nazionale con un sistema
elettorale di tipo proporzionale con applicazione del metodo D’Hondt, quindi il
numero di seggi che ogni lista partitica ottiene nella Knesset è proporzionale
al numero dei votanti che hanno votato per essa. I candidati sono scelti
votando per le liste dei partiti, in quanto per le elezioni legislative non è
previsto il voto di preferenza ed è prevista una soglia di sbarramento fissata
dal 1996 al 2%.
La durata di una
legislatura della Knesset è di quattro anni.
Il principale compito
della Knesset è appunto quello di emanare la legislazione dello Stato. Le
proposte di legge possono essere presentate in aula sotto tre forme:
-Disegni di legge governativi: sono le proposte legislative del governo e presentate al Presidente della Knesset dal Ministro proponente.
-Disegni di legge
parlamentari: possono essere proposti sia da un singolo membro del Parlamento
che da un gruppo di essi.
-Disegni di legge di una
Commissione: sono disegni di legge proposti dalle varie Commissioni della
Knesset su argomenti di particolare importanza quali le Leggi fondamentali.
Tanto le leggi ordinarie
che le Leggi fondamentali seguono lo stesso iter per l’approvazione, e cioè
sono previste varie fasi di lettura del disegno di legge, in cui è prevista la
possibilità di apportare degli emendamenti, fino alla votazione finale del
testo, il quale, una volta approvato, viene pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale.
L’altra funzione
fondamentale, ossia quella di controllo dell’Esecutivo, viene esercitata in
varie maniere: innanzitutto, ogni legge che il Governo vuole emanare deve
essere approvata dalla Knesset, incluse tutte le leggi di natura finanziaria o
di bilancio; in secondo luogo, la Knesset può presentare una mozione di
sfiducia che, se approvata, costringe il Governo a dimettersi (4).
A presiedere la Knesset è
un Presidente, coadiuvato da un Vice-presidente, mentre un Segretario Generale
coordina i lavori parlamentari e un Direttore Generale si occupa degli aspetti
di ordine amministrativo.
6. Il sistema giudiziario
L’autorità giudiziaria
israeliana si articola in tre livelli di giudizio, l’ultimo dei quali fa capo
ad una Corte Suprema, che è responsabile del rispetto delle leggi nello Stato.
La Corte Suprema esamina i ricorsi in appello contro le sentenza delle Corti di
grado inferiore e svolge anche la funzione di controllo di costituzionalità
delle leggi (judicial review), sommando contemporaneamente i poteri della Corte
di Cassazione e della Corte costituzionale italiane. Essa inoltre tiene seduta
in qualità di Alta Corte di Giustizia per le petizioni sottoscritte dai civili
contro le autorità statali.
Oltre al sistema
giudiziario, in Israele esistono corti giudiziarie cui viene conferita una
determinata autorità legata ad una materia specifica, come la Corte del Lavoro,
la Corte marziale o le Corti religiose, ebraica, cristiana, mussulmana e drusa,
che si occupano delle questioni legate ai matrimoni e ai divorzi.
La pena di morte non è in
vigore tranne che per i crimini contro l’umanità e alto tradimento.
7. Il sistema partitico
Il sistema partitico
israeliano si caratterizza per un multipartitismo particolarmente spiccato. La
storia politica di Israele ha dimostrato che è pressoché impossibile ottenere
una maggioranza assoluta di un solo partito in Parlamento, essendo il Governo
quasi sempre l’espressione di una coalizione partitica.
Tra i principali partiti
politici israeliani, rappresentati nel momento in cui scriviamo nella Knesset,
ricordiamo:
-Kadima (letteralmente “avanti”), di orientamento centrista.
-Likud (letteralmente
“consolidamento”), di centro-destra.
-Partito laburista (Ha
Avoda), di centro-sinistra.
-Shas di orientamento
religioso ultra-ortodosso.
-Giudaismo unito della Torah
(Yahadut HaTorah HaMeukhedet, che è un’alleanza di due partiti religiosi
ultra-ortodossi.
-Lista araba unita (in
arabo al-Qā'ima al-'Arabiyya al-Muwaḥḥada, in ebraico Reshima Aravit
Me'uhedet), partito che rappresenta gli interessi degli Arabi di Israele.
-Unione nazionale (Halhud
HaLeumi) che è un’alleanza di partiti nazionalisti.
-Indipendenza (Sia'at
Ha'Atzma'ut), partito centrista nato dalla secessione dal partito laburista.
-Hadash, partito di
estrema sinistra.
8. Il premierato elettivo
Generalmente parlando, in
uno Stato sorretto da una forma di governo parlamentare il Primo Ministro viene
eletto indirettamente dal popolo, dipendendo il suo mandato dalla fiducia che
ottiene dalla propria maggioranza parlamentare. Ciononostante, tra il 1996 e il
2003 Israele ha applicato una variante del parlamentarismo nota come
“premierato elettivo”, nel senso che il Primo Ministro è stato eletto
direttamente dal Corpo elettorale, come, ad esempio, avviene per il Presidente
della Repubblica francese. Il premierato elettivo deriva in Israele dal
desiderio di rafforzare l’Esecutivo di fronte a un panorama partitico che si
presentava simile, per numero e qualità dei partiti, a quello italiano della
Prima repubblica, cioè prima del 1993. Tant’è che per la stessa ragione anche
nell’Italia della Seconda repubblica si era pensato di adottare un sistema
uguale (5).
Il sistema politico del
premierato elettivo fu introdotto con la “Legge fondamentale: il Governo”
(1992) e si inseriva in un contesto più ampio di volontà di riforma del paese
(6). La scelta di adottare il premierato elettivo fu una conseguenza della
paralisi politica degli anni ’80; l’esigenza di riforma si fece strada grazie
alla crescente disfunzionalità del sistema decisionale emersa dagli esiti di due
successive tornate elettorali, terminate in pareggio. Tale paralisi dipendeva
soprattutto da due fattori: il meccanismo elettorale proporzionale e il sistema
partitico.
Almeno teoricamente il
sistema politico di Israele è stato concepito sin dall’inizio simile al modello
Westminster, sebbene nella prassi non si ebbe mai un partito che avesse
ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, anche se il partito
laburista si rivelò quantomeno egemone specialmente dal 1949 al 1977:
l’egemonia dei laburisti già cominciò a dare segni di cedimento con le elezioni
del 1965, per scomparire nel 1977 con la vittoria del Likud, ossia di un
partito di centrodestra. L’evoluzione del sistema partitico fu dovuto ad un
riallineamento tra l’elettorato israeliano: mentre laburisti e Likud si
contendevano la guida del paese, gran parte del loro corpo elettorale si
assottigliava andando a rinforzare quello delle rispettive periferie
ideologiche, cosicché le elezioni legislative del 1984 e 1988 produssero un
pareggio politico paralizzante tra Labor e Likud. Dal 1977 e fino
all’introduzione del premierato elettivo, nel 1996, i due maggiori partiti
detennero una forza politica pressoché uguale, e nessuno divenne egemone; essa
era tuttavia sempre inferiore alla maggioranza assoluta e dunque crebbe di
molto il potere contrattuale dei partiti minori, rendendoli indispensabili per
la creazione di governi di coalizione. Ed è intuitivo che dipendere da
coalizioni politico-partitiche eterogenee comporta una diminuzione sostanziale
dei poteri del Primo Ministro.
Dal 1984 al 1990 si diede
vita ad un governo di unità nazionale, che portò il paese ad una paralisi
politica di grande proporzione. Con la sua improvvisa caduta, nel 1990, si fece
strada l’iniziativa di introdurre il premierato elettivo come alternativa alla
riforma elettorale, ossia come meccanismo volto a ridurre la frammentazione
politica e rafforzare l’Esecutivo senza modificare il proporzionalismo estremo
del sistema elettorale israeliano; peraltro, questa idea fu largamente
sostenuta dall’opinione pubblica israeliana. In altre parole, il premierato
elettivo fu un’alternativa alla riforma elettorale anziché un elemento di un
più vasto pacco di riforme che includessero anche la modificazione dei
meccanismi elettorali.
Il premierato elettivo,
come già annunciato, fu introdotto con la “Legge fondamentale: il Governo”
(1992), ed è entrato in vigore con le elezioni politiche del maggio 1996 (7).
Nel marzo 2001 la precedente legge è stata abrogata e sostituita con un’omonima
“Legge fondamentale: il Governo”, applicata dal 2003, che ha abolito il
premierato elettivo. Invero, tra il 1992 e il 2003 i poteri del Primo Ministro
israeliano sono dunque cambiati tre volte, ogni volta con l’obiettivo di
rafforzare le sue prerogative di fronte alla frammentazione partitica e alla
conseguente difficoltà di formare stabili e durature coalizioni governative.
La riforma del premierato
elettivo prevedeva l’elezione diretta del Primo Ministro: il governo sarebbe
stato un Governo del Primo Ministro, che non avrebbe avuto bisogno
dell’investitura fiduciaria del Parlamento per insediarsi. Il Primo Ministro
poteva nominare e licenziare i suoi Ministri senza tenere conto della volontà
della Knesset. La Knesset, dal canto suo, poteva rimuovere il Primo Ministro,
causando lo scioglimento di se medesima in vista di nuove elezioni, con una
mozione di sfiducia approvata a maggioranza qualificata di 70 deputati su un
totale di 120. Volendo schematizzare, la riforma introduceva:
-Elezione diretta del Primo Ministro da parte del Corpo elettorale.
-Indipendenza del Primo
Ministro dalle maggioranze parlamentari per formare il Governo.
Gli obiettivi che si
proponeva di raggiungere la riforma consistevano nel:
-Rafforzare la legittimità del Primo Ministro mediante un mandato popolare diretto.
-Rendere ogni cambio di
governo subordinato alla volontà dell’Elettorato.
-Ridurre il numero e il
potere dei partiti piccoli.
-Ottenere gli stessi
risultati di una riforma elettorale in senso meno proporzionale.
Concretamente parlando,
tuttavia, l’esperimento del premierato elettivo è stato un fallimento, poiché
ha comportato l’indebolimento del potere esecutivo anziché il suo
rafforzamento.
La causa fondamentale del
fallimento è stato il meccanismo del voto a doppia scheda: una scheda per il
Primo Ministro e una per la Knesset. La doppia scheda ha infatti rafforzato i
partiti minori e indebolito il primo partito di governo. Con essa agli elettori
fu data la possibilità di votare disgiuntamente (split ticket), votando per un
individuo come Primo Ministro e un partito diverso per la Knesset.
Nonostante l’elezione
diretta del premier, la riforma prevedeva comunque il mantenimento
dell’istituto della fiducia parlamentare come requisito per l’insediamento del
governo. Erano pure previste le elezioni anticipate in determinate circostanze.
Ci si chiede allora come mai si avesse voluto rendere il Primo Ministro
eleggibile direttamente dal Corpo elettorale, vincolandolo in ogni caso alla
fiducia parlamentare e quindi alle logiche delle maggioranze partitiche:
invero, il sistema del premierato elettivo accompagnato da un sistema
elettorale proporzionale e dal mantenimento dell’istituto fiduciario ha
prodotto un sistema politico ancora più debole e precario del passato (8).
In ultima analisi, l’esperimento
è fallito per due ragioni principali:
-Mantenimento dell’istituto della fiducia parlamentare, che ha ristretto la libertà d’azione del Primo Ministro ed impedito l’evoluzione del sistema in senso, per così dire, presidenziale.
-Presenza del voto
disgiunto, che ha premiato i partiti minori e penalizzato il Labor e il Likud.
Inoltre, le iniziative
legislative parlamentari erano ben più consistenti di quelle governative, ciò
che comportò il rafforzamento della Knesset a scapito dell’Esecutivo.
9. Note
(1) Le altre tre guerre arabo-israeliane si
ebbero nell’ottobre-novembre del 1956, nel giugno del 1967 e nell’ottobre del
1973.
(2) A meno che non si voglia includere tra i
paesi democratici dell’area in questione anche la Turchia kemalista.
(3) E’ infatti rarissimo che in Israele un
partito ottenga da solo una maggioranza assoluta dei voti nella Knesset
cosicché spesso i governi sono il frutto di compromessi di coalizione. In
verità, infatti, sin dalla fondazione dello Stato nel 1948 nessun singolo
partito ha mai avuto una maggioranza assoluta in Parlamento, ma ogni governo è
stato sempre espressione di coalizioni partitiche più o meno ampie.
(4) E’ opportuno ricordare che i membri del
Governo sono contemporaneamente anche deputati della Knesset.
(5) Ad oggi, comunque, Israele resta l’unica
democrazia parlamentare ad avere sperimentato il sistema governativo del
premierato elettivo.
(6) Il progetto generale di riforma prevedeva
l’elezione diretta del Primo Ministro, l’emanazione di una carta dei diritti,
il rafforzamento dei checks and balances tra Esecutivo e Legislativo e la
modificazione del sistema elettorale in senso meno proporzionale.
(7) Il premierato elettivo è stato sperimentato
per le elezioni del 1996, 1999 e 2001.
(8) In realtà, il progetto di legge originario
aveva previsto la rimozione dell’istituto della fiducia, ma esso venne
introdotto successivamente a maggioranza assoluta di voti per timore che il
potere del Primo Ministro risultasse troppo grande e sbilanciato in suo favore.
10. Fonti
Libri: “Il sistema
costituzionale dello Stato di Israele”, AA.VV., Giappichelli, 2006.
“Capi di governo”, a cura di G.
Pasquino, Il Mulino, 2005.
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