sabato 28 febbraio 2015

L'evoluzione delle forme di Stato in Europa



Prima della nascita dello Stato moderno, nell'antichità, il modello di entità politica più diffuso era senz'altro la monarchia: erano sorretti da monarchi gli Egizi, gli Ebrei (si badi però che solo dal tempo di re Saul, prima erano infatti una teocrazia), gli Assiri, i Babilonesi e, dopo di loro, i Persiani. Perfino i Greci dell’età micenea erano costituiti in vari regni sorretti da un βασιλεύς, ossia un re. Fu solo in età classica, nel corso nel I millennio a.C., che i cittadini iniziarono in maniera organica a sviluppare le istituzioni politiche democratiche, divenendo elettori ed eleggibili nelle assemblee elettive delle loro πóλεις. Nonostante lo sviluppo anche a Sparta di assemblee democratiche, lo Stato lacedemone continuò però a mantenere la forma di governo diarchica (con due re). Anche Roma, in fin dei conti, nacque monarchia. Solo nel 509 a.C. si trasformò in una Repubblica aristocratica. La costituzione repubblicana di Roma rappresenta un modello esemplare ed originale nella storia delle istituzioni politiche, essendo, come sottolineato da Polibio, un misto tra le tre forme di governo principali. Con la fondazione dell’Impero, nel 27 a.C., la forma monarchica sembrò restaurarsi, sebbene un’analisi più approfondita faccia subito notare come il princeps, l’imperatore, fosse una sorta di primus inter pares rispetto ai senatori e che il Senato godeva ancora di notevole influenza negli affari politici. Soltanto dal III secolo d.C. in poi l’Impero romano andò ad assumere caratteristiche dispotiche, non a caso conseguenti alle infiltrazioni culturali orientali, e il potere politico tese allora a concentrarsi unicamente nelle mani dell’imperatore. I primi Stati romano-germanici che sorsero nei vecchi territori al crollo della sua parte occidentale (476 d.C.) erano dei regni in cui anche qui il re veniva considerato dagli altri arimanni (gli uomini liberi, ossia atti a portare le armi) un primus inter pares. La società germanica che si andò a sovrapporre a quella romana era essenzialmente una società di liberi guerrieri divisa in tribù e stirpi (Sippe). I Germani erano soliti contrarre dei patti di sangue istitutivi delle cosiddette Männerbunde, ossia delle forme di associazioni umane da cui, con buona probabilità, si può rintracciare l’origine del vincolo vassallatico feudale. 

Si potrebbe affermare che dalla fondazione dell’Impero carolingio (800 d.C.) ad oggi si sono succedute in Europa cinque forme di Stato principali:
L'omaggio e l'investitura feudali

1)      Stato feudale = E’ un modello di Stato fortemente decentrato, in cui molte prerogative sovrane sono affidate dal principe o dal signore ai propri vassalli. Storicamente compare in Europa con il consolidamento ed espansione dell’Impero carolingio e comincerà a declinare solo al principio dell’età moderna, venendo sostituito dallo Stato assoluto. Lo Stato feudale andò a costituirsi attraverso dei giuramenti solenni costitutivi di un rapporto sinallagmatico secondo cui il sovrano conferiva un beneficio per lo più fondiario (il feudo) ad un vassallo e questi, in cambio, gli offriva la sua lealtà, l’aiuto militare e altre prestazioni di varia natura. Fu proprio dal IX secolo d.C. che si consolidò l’uso di rafforzare il patto vassallatico con il conferimento del feudo, ma dal momento che il giuramento era personale anche il feudo assegnato era considerato un bene dato al vassallo solo per la durata del suo servizio: se il vassallo moriva o terminava il giuramento il feudo tornava al signore concedente. Il contratto vassallatico era inizialmente orale, né prevedeva registrazione scritta: ci si accomandava in vassallaggio mettendo le proprie mani in quelle del signore o principe, toccando le reliquie dei santi come garanzia. L’elemento costitutivo del vassallaggio era l’accomandazione (commendatio), con cui un uomo libero in genere di basso ceto si sottometteva alla protezione di un altro uomo libero, a cui prometteva il proprio servizio e il proprio ossequio, divenendone cliente. In cambio dei suoi servigi clientelari richiedeva uno stipendio, che era costituito dal conferimento di un beneficium, ossia di un feudo. I vassalli cui veniva concesso il feudo, ossia i feudatari, godevano spesso di piena potestà giurisdizionale su di esso e, salvo i vincoli previsti dal rapporto vassallatico, proprietà piena sui beni (era davvero assoluta sono nell’allodio, cioè nella sua porzione di beni fondiari non infeudati, quindi non sottoposti a vincoli) e sulle persone che all’interno di esso dimoravano, cosicché alcuni hanno voluto anche chiamare questa forma  statuale Stato patrimoniale. In qualche occasione i feudatari avevano anche la facoltà di coniare moneta. Erano poi dotati di propri eserciti privati e godevano di una serie di immunità e diritti particolari, quali la possibilità di imporre imposte, pedaggi, taglie e gabelle. Anche all’interno del feudo, che appariva come un’impresa agricola votata allo scopo di garantire un’economia di sussistenza, si creava una situazione in cui il feudatario offriva protezione e concedeva in usufrutto o enfiteusi una parte delle terre del feudo agli abitanti dello stesso, e questi, in cambio, offrivano delle prestazioni lavorative (corveés), pecuniarie, militari o di altra natura. A livello di erario, non vi era nello Stato feudale una marcata differenza tra tesoro pubblico e tesoro privato del principe. I vari ceti sociali che lo componevano, poi, erano rappresentati in assemblee cetuali (delle sorte di Parlamenti ante litteram), quali gli Stati Generali, le Cortes, le Diete, ecc. Saranno proprio queste assemblee rappresentative, congiuntamente alle corti di giustizia, a limitare il potere del sovrano nel corso del Medioevo. L’ereditarietà dei feudi, la sub-infeudazione,  l’eccessiva parcellizzazione geografico-politica e l’immensa devoluzione di potere dal centro alla periferia comportarono il tramonto di questo tipo di Stato. Le sue caratteristiche forze centrifughe lo dissolsero e sgretolarono, per così dire, dall'interno.

2)      Stato assoluto = Esso comincia a fare la sua comparsa in Europa tra ‘500 e ‘600. Sua caratteristica principale è l’accentramento politico di tutto il potere nelle mani del sovrano. Il sovrano, infatti, non si sente più vincolato a nessun rapporto di subordinazione nei confronti dell’Imperatore del Sacro Romano Impero secondo il brocardo rex in regno suo imperator est, superiorem non recognoscens, né è più frenato nel’esercizio del suo potere dalle assemblee cetuali e dalle corti supreme di giustizia. La stessa legge, secondo il principio del rex legibus solutus, non vincolerà più la sua persona, essendone una manifestazione successiva. Cominceranno a fare la loro comparsa gli eserciti professionali permanenti, che sostituiranno la precedente soldatesca mercenaria. Diventerà più netta la separazione tra erario pubblico e fondi privati del sovrano, si introdurrà un sistema tributario organico, si supererà la frammentazione feudale con la sottomissione completa dell’aristocrazia terriera alla Corona, considerando ormai certa l’idea che il Re non sarà più un primus inter pares rispetto al resto dell’antica nobiltà di spada. Lo Stato, inoltre, inizierà ad assumere una fisionomia più certa: il sistema burocratico-amministrativo si svilupperà notevolmente, spesso con la nascita di nuove ripartizioni e suddivisioni amministrative del territorio nazionale. Diventerà poi sempre più netta la separazione tra potere spirituale e temporale e si tenderà a contrastare ogni forma di particolarismo locale. In conclusione, però, l’elemento determinante di questo tipo di Stato è sicuramente la concentrazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario nelle esclusive mani del sovrano; in questo senso si può senz’altro affermare che il precedente Stato feudale era più controbilanciato del suo immediato successore. Tanto accentrato era il potere nelle mani del sovrano che Luigi XIV finirà per dire che lo Stato era lui.
Giuseppe II d'Asburgo

3)      Stato di polizia = E’ una forma di Stato che viene fatta comunemente coincidere con il regno dei cosiddetti despoti illuminati, e pertanto è caratteristica del XVIII secolo. Tra questi ricordiamo Federico II di Prussia, Caterina II di Russia, Carlo III di Spagna (già Duca di Parma e Piacenza e poi Re di Napoli e Sicilia), Maria Teresa I d’Austria e i suoi figli, e poi imperatori del Sacro Romano Impero, Giuseppe II e Leopoldo II (già Granduca di Toscana). Questi sovrani, molto spesso anche filosofi e pensatori, vorranno migliorare le condizioni di vita dei propri sudditi. In questo senso si incoraggeranno la costruzione di scuole pubbliche e strutture sanitarie, si attueranno grandi riforme amministrative, si emaneranno codici normativi organici, si introdurranno elementi razionali per imporre la tassazione quali il catasto, si bonificheranno aree malsane, si contrasteranno le manomorte e gli altri eventuali sprechi ecclesiastici, si garantiranno la tolleranza religiosa e la libertà di coscienza e si incoraggeranno le arti e la cultura. Probabilmente la frase pronunciata da Federico il Grande nel suo Antimachiavelli riassume in maniera efficace quale fosse lo spirito che animava i sovrani dello Stato di polizia: “Il Re è il primo servitore dello Stato”.
La presa della Bastiglia, 14 luglio 1789

4)      Stato liberale =  Esso affonda le sue radici culturali nell'Illuminismo e quelle storiche nelle due Rivoluzioni inglesi del Seicento, nella Rivoluzione americana, e, soprattutto, nella Rivoluzione francese. Uno dei principi politici fondamentali che ne è alla base è la classica tripartizione dei poteri statuali attuata da Montesquieu in Esecutivo, Legislativo e Giudiziario. Secondo questo principio, nel momento in cui l’ assemblea sovrana o lo stesso individuo sovrano non avessero concentrato in sé tutte le funzioni statuali, per ciò stesso si sarebbero create delle forze politiche “d’opposizione” che lo avrebbero controbilanciato. Il sistema liberale di pesi e contrappesi e di controllo reciproco dei poteri preverrebbe efficacemente il rischio di autocrazie. Basti pensare, infatti, che Napoleone Bonaparte divenne un autocrate proprio nel 1799 con la Costituzione istitutiva del Consolato: in un modo o nell'altro, infatti, i tre poteri andarono a dipendere tutti dal Primo Console, che era lo stesso grande generale corso. Altro elemento caratteristico dello Stato liberale è l’istituzione politica del Parlamento. Il Parlamento, infatti, oltre ad essere il principale titolare dell'emanazione legislativa, riveste il fondamentale ruolo di controbilanciare il potere del Governo sulla base del rapporto fiduciario. Governo che, nello Stato liberale, non è più in genere espressione del Capo di Stato, il quale diviene una figura di secondo piano (eccezion fatta per le repubbliche presidenziali), ma di un Primo Ministro di sua nomina, che risulta doppiamente responsabile nei confronti sia del Re che del Parlamento. Lo Stato costituzionale si evolse in Stato parlamentare proprio nel momento in cui il Governo divenne politicamente responsabile della propria condotta nei confronti del Parlamento. Inoltre, per quanto attiene la forma di governo, non è più necessario che il Capo di Stato sia un Re: non fu raro, infatti, che molti Stati liberali decisero di adottare la forma di governo repubblicana, primi fra tutti gli Stati Uniti d’America. La stessa forma di governo repubblicana, poi, potrà assumere varie tipologie: quella parlamentare, quella presidenziale, quella semi-presidenziale, quella direttoriale. Fu poi grazie allo Stato liberale che si diffuse l’idea di Costituzione, ossia di un atto fondamentale che disciplina i rapporti tra Stati e cittadini e tra organi dello Stato: tra il 1787 e il 1848 si diffonderanno costituzioni più o meno liberali in moltissimi Stati europei e americani. Altro elemento caratteristico fu anch'esso teorizzato da Montesquieu, e cioè che l’organo giudicante una controversia doveva essere soltanto la “bocca della legge”, doveva cioè applicare il diritto statuale senza considerazioni personali e in nome e per conto della legge, ossia dello Stato. Altre conquiste dello Stato liberale saranno, infine, il superamento delle lacune giuridiche, l’uguaglianza davanti alla legge, il concetto di “cittadino” e lo Stato di diritto.

5)      Stato sociale = Nello Stato sociale (o Welfare State) il Governo e i policymaker si impegnano attraverso un intervento diretto ad eliminare o almeno contenere qualunque forma di disuguaglianza od ingiustizia di natura sociale ed economica. E’ una forma di Stato che si sorregge inscindibilmente su una forma di governo democratica e tollerante, in cui sono presenti il multipartitismo, il suffragio universale, la parificazione dei sessi, un sofisticato sistema previdenziale di sussidi, stipendi e pensioni, dei sindacati rappresentativi delle classi lavoratrici, la certezza del diritto, la libera espressione di pensiero e di stampa. Qui vengono tutelate e salvaguardate dalle Costituzioni statuali stesse le libertà fondamentali degli individui, che i Paesi più evoluti del mondo contemporaneo riconoscono unanimemente come tali. E’, insomma, una forma di Stato in cui i diritti civili, politici e sociali sono garantiti per volontà dello Stato medesimo. La sua comparsa storica può datarsi a partire dal secondo dopoguerra, con significative eccezioni, però, di Paesi quali la Gran Bretagna, che, per molti aspetti, era uno Stato sociale già all'inizio del secolo scorso.   


Riferimenti bibliografici :

G. Poma, Le istituzioni politiche della Grecia in età classica, Bologna, Il Mulino, 2003.

G. Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Bologna, Il Mulino, 2002.

M. S. Corciulo, Percorsi di Storia istituzionale europea, secoli XIII-XIX, Roma, La Sapienza, 2008.

J. H. Shennan, Le origini dello Stato moderno in Europa (1450-1725), Bologna, Il Mulino, 1974.








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