L’attuale coordinamento commerciale internazionale trova
il suo principale impulso in un’organizzazione economica internazionale che, in
quasi vent’anni di attività, ha, pur con fasi alterne, contribuito in maniera
significativa a stimolare la liberalizzazione commerciale tra Stati, ossia l’Organizzazione
Mondiale del Commercio (in inglese World
Trade Organization). Perfezionando il sistema commerciale multilaterale introdotto
dal GATT (General Agreement on Tariffs
and Trade), che si trattava di un mero accordo intergovernativo, l’istituzionalizzazione
dell’OMC ha rappresentato un punto di svolta nell’ambito delle relazioni economiche
internazionali. Ciononostante, il sorgere negli ultimi anni di nuove economie
di Paesi emergenti e il consolidarsi di una contrapposizione tra Paesi avanzati
e Paesi in via di sviluppo potrebbe condurre ad una modificazione della struttura
e dei fini dell’OMC affinché la stessa Organizzazione riesca ad affrontare con
efficienza le nuove sfide economiche che scenari futuri, ma non lontani,
potrebbero far comparire. Tale modifica dovrebbe inserirsi in un contesto più
ampio di riforma generalizzata delle principali istituzioni economiche
internazionali e collocarsi in un sistema coerente e coordinato di Global governance.
La storia del coordinamento commerciale internazionale
contemporaneo si intreccia con la fine della Seconda guerra mondiale e con l’introduzione
del cosiddetto sistema di Bretton Woods. In questo senso, nel 1947 venne
approvato da ventitré Paesi a Ginevra il GATT, un accordo che aveva il compito di
stimolare il commercio internazionale attraverso una riduzione dei dazi e delle
tariffe doganali e attraverso delle liberalizzazioni in alcuni settori
economici specifici. Nel 1995 tale accordo intergovernativo fu sostituito da un’organizzazione
economica internazionale vera e propria, l’OMC, che conta attualmente più di
150 Paesi membri. Gli obiettivi che si pose l’OMC erano quelli di stimolare i
negoziati commerciali tra Paesi, promuovere un sistema di regole comune
condivise, regolamentare le dispute commerciali, offrire un’assistenza tecnica
ai Paesi in via di sviluppo, coordinarsi con le altre istituzioni economiche
internazionali. Per adempiere ai suoi scopi l’OMC proibì i sussidi alle
esportazioni (eccetto che sui prodotti agricoli), i contingenti alle importazioni
(eccetto i casi in cui minacciavano la produzione interna), l’imposizione di
dazi (che, se introdotti, dovevano essere ridotte le quote di altri dazi). L’OMC
fu istituito sulla base di alcuni principi commerciali internazionali tra cui
la clausola della “nazione più favorita” per tutti i Paesi membri dell’istituzione,
la parità di trattamento per i beni di produzione estera e nazionale, la
promozione della stabilità dei prezzi dei beni e servizi e scambiati e in
generale la progressiva liberalizzazione commerciale.
Dal 1947 al 1994, nel corso della sua attività, il
sistema commerciale multilaterale basato sul GATT aveva già di per sé contribuito
a ridurre i dazi mondiali dal 48% al 5% attraverso otto principali negoziati. Con
la costituzione dell’OMC si sono tenuti nuovi negoziati multilaterali a
Singapore (1996), Ginevra (1998), Seattle (1999), Doha (2001), Cancún (2003),
Hong Kong (2005), Ginevra (2009). Per comprendere la portata dei successi e degli
insuccessi dell’OMC può essere opportuno soffermarsi su almeno tre dei citati “Round”.
Innanzitutto, la Conferenza di Doha (2001) ha ottenuto l’importante
risultato di riavviare i negoziati commerciali multilaterali che di fatto si
erano bloccati alla Conferenza di Seattle nel 1999. In quest’occasione furono
comunque prese decisioni discutibili quali quella di conservare il principio
del single undertaking secondo cui è
previsto che le diverse trattative vengano infine approvate in un unico accordo
generale. In quella sede, poi, l’Unione Europea decise di impegnarsi ad
eliminare i sussidi alle esportazioni e i Paesi in via di sviluppo rimasero
alquanto marginalizzati nel corso delle trattative. Il Doha Round si concluse
senza raggiungere un accordo comune e a tutti gli effetti il negoziato non è
ancora concluso. Esso non riuscì a trovare soluzioni comuni nelle trattative, e
si rivelò una sorta di delusione.
La successiva Conferenza di Cancún del 2003 tentò di
superare la situazione di stallo conseguente al fallimento del Doha Round. Qui gli
obiettivi che i partecipanti si proponevano erano di eliminare i sussidi alle esportazioni
sui prodotti agricoli, stimolare il commercio del marcato dei manufatti,
attuare i cosiddetti “Temi di Singapore” (ossia stimolare gli Investimenti
Diretti Esteri, adottare un’equa politica di concorrenza, incentivare la
trasparenza degli appalti pubblici, ecc.), eliminare i sussidi sul cotone, e
così via. Come già avvenuto a Doha, però, anche l’agenda di sviluppo di Cancún
fallì. Le ragioni furono varie, fra cui l’assenza di un preaccordo tra l’Unione
Europea e gli Stati Uniti d’America, l’obsoleto meccanismo di funzionamento
dell’OMC, l’impegno dell’UE di soffermarsi solo sui “Temi di Singapore” e di
sorvolare la questione della Politica Agricola Comune (PAC), la debolezza della
rappresentanza degli USA, l’intransigenza dei Paesi in via di sviluppo per
porre fine ai sussidi agricoli e a quelli sul cotone.
La tappa successiva fu la conferenza di Hong Kong (2005),
che si poneva come obiettivi di eliminare entro il 2013 i sussidi all’agricoltura,
di trovare un accordo sul cotone, di trovare un accordo per il libero accesso
dei prodotti dei Paesi in via di sviluppo nei mercati mondiali, di concludere
un accordo sulle modalità del negoziato agricolo. Anche i negoziati di Hong
Kong, tuttavia, furono sospesi e di conseguenza i temi di sviluppo sollevati sin
dai tempi di Doha sono, invero, ancora sul tavolo delle trattative.
Stati membri dell'OMC |
Gli insufficienti obiettivi raggiunti nelle conferenze
multilaterali dell’OMC degli ultimi anni e la situazione di stallo dei
negoziati hanno contribuito a considerare come auspicabili delle proposte di
riforma dell’Organizzazione. Innanzitutto è stato proposto di modificarne la
struttura istituzionale, ponendo fine alla partica del consensus a favore del voto di maggioranza, introducendo meccanismi
di ponderazione, costituendo un organo esecutivo ristretto, interrompendo la
prassi dei cicli periodici di negoziati. Dal punto di vista della trasparenza,
invece, si richiede un più ampio accesso e divulgazione dei documenti. È stata
anche criticata la prassi del single undertaking
(sconosciuta al precedente GATT), ritenendo più opportuno esprimere il favore
su singole tematiche anziché sull’intero pacchetto negoziale. Per quanto
attiene il sistema di soluzione delle dispute commerciali, i ricorsi sono stati
considerati troppo numerosi e si è considerato opportuno rafforzare procedure
quali i buoni uffici, la mediazione, la conciliazione. Altra critica verte sull’idea
che non vi sia un’adeguata partecipazione nell’Organizzazione né delle ONG né
di altri attori della società civile. Infine, il ruolo dei PVS è stato
considerato fin troppo marginale rispetto al loro crescente peso economico.
Un discorso a parte merita un particolare processo
economico che potrebbe in qualche modo ridurre l’importanza dell’OMC, ossia il
regionalismo. Con il termine “regionalismo” ci si riferisce a quel meccanismo
di integrazione economica su base regionale che può assumere varie forme a
seconda dell’intensità dell’integrazione stessa (ossia dall’area di libero
scambio fino all’unione economica e monetaria). Da più parti ci si domanda se
il regionalismo possa favorire la riduzione tariffaria internazionale e
stimolare la crescita degli scambi commerciali o se non si tratti piuttosto di
una barriera posta da una macro-area economica a detrimento degli altri attori
economici globali. In questo senso occorrerà vedere se il regionalismo avrà il
potere di sostituirsi all’OMC o se riuscirà a convivere con essa.
In conclusione, il sistema commerciale multilaterale dell’OMC
presenta diversi vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi è possibile citare la
costante ricerca di soluzioni volte a stimolare il commercio internazionale e,
di conseguenza, volte a produrre un reddito aggregato globale maggiore e una
più ottimale allocazione di beni e servizi. Tra gli svantaggi sono già stati
citati tutti gli inconvenienti che indurrebbero ad optare per una riforma
strutturale dell’Organizzazione. Ciononostante, sarebbe insufficiente ritenere
che una riforma organica dell’OMC possa da sola affrontare i possibili scenari
futuri che un mondo globalizzato e dai rapporti di forza economica mutati
rappresenta. In questo senso, non solo l’OMC ma anche tutte le altre principali
istituzioni economiche internazionali andrebbero riconsiderate e rimoderniate,
a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Tale ampia
riforma non potrebbe che essere avviata da una leadership globale volenterosa
che, attraverso un approccio olistico ed innovativo, si facesse promotrice dell’auspicata
“Global governance”.
Riferimenti bibliografici:
P. Montalbano – U. Triulzi, “La Politica economica
internazionale”.
G. De Arcangelis, “Economia internazionale”.
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