lunedì 26 gennaio 2015

L'esperimento politico del governo di coalizione: il caso britannico

1. Il governo di coalizione 

Giovedì 6 maggio 2010 si tennero nel Regno Unito le elezioni per la nomina dei membri della House of Commons. Le circoscrizioni elettorali erano 650 ed il sistema elettorale prevedeva il meccanismo del first-past-the-post. Per ottenere la maggioranza assembleare occorreva raggiungere 326 seggi, e tuttavia nessun partito ottenne un simile risultato. Il partito conservatore guidato da David Cameron ottenne 20 seggi in meno rispetto a quanti richiesti per la maggioranza: ne derivò un "Parlamento impiccato" (hung Parliament), il secondo dopo l'ultima guerra mondiale (prima del 2010, infatti, vi fu quello del 1974, che peraltro durò pochi mesi). Da questo stato di cose fuoriuscì la volontà di creare una coalizione che unisse i conservatori con i liberal-democratici, e pertanto l'11 maggio l'allora primo ministro Gordon Brown rassegnò le dimissioni con l'approvazione regia. La regina Elisabetta II invitò dunque Cameron a formare il nuovo governo e ad accettare la carica di primo ministro. Entro il 12 maggio la coalizione liberal-democratica e conservatrice era stata già approvata e posta in essere. 
Nel corso della campagna elettorale che precedette le elezioni di maggio è opportuno sottolineare come nessuno dei tre principali partiti britannici. ossia il conservatore, il liberal-democratico e il laburista, avesse condotto una vera e propria campagna elettorale generale. 
I prodromi della crisi politica che condussero il paese alle elezioni sono da ricercare nell'aprile del 2010, allorché Gordon Brown chiese alla regina di sciogliere il vecchio Parlamento entro il giorno 12, confermando per il 6 maggio il giorno delle elezioni generali. Prima di allora le ultime elezioni si erano tenute il 5 maggio del 2005 con la vittoria dei laburisti. Il 6 maggio 2010, pertanto, si votò in 649 circoscrizioni elettorali (Constituencies) del Regno Unito per rinnovare la Camera dei Comuni e dar vita a un nuovo governo. Chiaramente i laburisti erano alla ricerca del loro quarto mandato consecutivo, mentre i conservatori desideravano riassumere quella posizione dominante perduta sin dagli anni '90; altri partiti quali il liberal-democratico e lo Scottish National Party auspicavano di accrescere il loro ruolo giocando sempre come aghi della bilancia; i partiti minori (BNP, UKIP, Green Party, etc), infine, speravano in un accrescimento del proprio corpo elettorale, e, conseguentemente, della propria rappresentanza parlamentare. 
Cronologicamente parlando, il 12 aprile fu sciolto il vecchio Parlamento, il 6 maggio. come visto, si tennero le nuove elezioni, l'11 maggio Cameron diventò primo ministro di una coalizione con i liberal-democratici di Nick Ckegg, il 18 si ebbe la configurazione del nuovo Parlamento e infine,il 25, cominciarono i lavori della Camera bassa britannica.
Per quanto riguarda le modifiche alle circoscrizioni elettorali, è noto che ognuna delle quattro Commissioni circoscrizionali (Boundary Commissions) è tenuta ogni 8-12 anni a rivedere l'estensione delle circoscrizioni elettorali stesse per assicurarsi che siano sufficientemente eque in termini di estensione e numero di elettori. Invero, per le elezioni del 2010 i seggi spettanti all'Inghilterra erano stati aumentati di 4, laddove in Irlanda del Nord erano rimasti in totale 18, in Galles 40 e in Scozia 59: è evidente che se vi fossero stata la medesima ripartizione nel 2005 i conservatori avrebbero allora ottenuto molti più seggi e i laburisti molti di meno. 
In quanto ai partiti in lizza per le elezioni, i principali erano ancora una volta quello conservatore (con Cameron quale leader dal 2005), il Labour party (con Brown leader dal 2007), il Libdem (con Clegg leader dal 2007), il Plaìd Cymru. Tra i secondari, come citato, ricordiamo il British National Party (BNP), il United Kingdom Independent Party (UKIP), il Partito dei Verdi, ecc. 
La stessa campagna elettorale, peraltro, si caratterizzò per una serie di gaffe, incomprensioni, problematiche ed espulsioni, tra le quali ricordiamo le seguenti. Il candidato laburista Stuart Maclennon venne cacciato per degli insulti insulti proferiti contro l'elettorato di età avanzata, contro gli scozzesi dell Highlands e contro gli oppositori Cameron e Clegg; John Boakes (UKIP), malauguratamente, decedette; Philip Ladner (partito conservatore) venne espulso dall'agone elettorale per aver considerato l'omosessualità un comportamento anomalo; per quanto riguarda i disguidi tecnici, alcuni elettori avevano ricevuto delle schede elettorali in cui gli si proponeva di scegliere tre candidati anziché uno; infine, Gordon Brown si dimostrò dapprima cordiale con una certa signora Duffy per poi affermare fuori onda di considerare la medesima una "vecchia bigotta" senza accorgersi, in realtà, di tenere il microfono ancora acceso: prevedibilmente, fu poi obbligato a conferire pubbliche scuse alla povera signora.
Per quanto attiene i dibattiti politici ufficiali in televisione, questi furono sostanzialmente tre: il primo del 15 aprile sulla politica interna, vinto da Clegg; il secondo, del 22 aprile, sulla politica internazionale, vinto congiuntamente da Clegg e Cameron; l'ultimo, del 29 aprile, sull'economia e la politica fiscale, vinto da Cameron.
Le votazioni del 6 maggio ripartirono come segue i seggi della Camera dei Comuni: dei 650 in totale, 306 andarono ai conservatori, 258 ai laburisti, 57 ai liberal-democratici, 29 agli altri partiti. L'affluenza alle urne fu pari al 65% degli aventi diritto al voto. I risultati elettorali, come visto, confermarono la nascita di un hung Parliament, poiché nessun partito aveva ottenuto la maggioranza parlamentare, ossia almeno 326 seggi (ossia la metà + 1). In ogni caso, già l'11 maggio Gordon Brown rassegnava le proprie dimissioni indicando alla regina David Cameron quale suo successore, il quale, una volta divenuto primo ministro, annunciò la nascita di un governo di coalizione assieme ai liberal-democratici, nominando Clegg vice-primo ministro. entro il 12 maggio la coalizione era stata approvata (senza peraltro manifestazioni di ostruzionismo) e poco dopo i due partiti al potere pubblicarono il Conservative-Liberal Democrat Coalition Agreement con le condizioni dell'accordo di coalizione (si veda più oltre il paragrafo 3). 

2. Lo hung Parliament     

La definizione di hung Parliament, o Parlamento impiccato, può essere considerata la seguente: si tratta di un Parlamento all'interno del quale nessun partito ha ottenuto una maggioranza effettiva, ossia nessun partito ha ottenuto più della metà (metà + 1) dei seggi dei deputati nella Camera dei Comuni. Ciò implica che nessun partito che andrà al potere potrà ottenere sufficienti voti per far approvare gli atti normativi. Per avere una maggioranza assoluta un partito dovrebbe ottenere almeno 326 seggi, quantunque una maggioranza effettiva potrebbe anche essere inferiore, non considerando lo speaker e i suoi aiutanti, i quali, sebbene parlamentari, di prassi non votano; inoltre, i parlamentari dello Sinn Féin, il partito indipendentista irlandese, pur ottenendo seggi non partecipano ai lavori parlamentari e non giurano fedeltà a Sua Maestà. 
Stando così le cose, quali soluzioni possono essere adottate in caso di hung Parliament? Essendo il sistema partitico britannico prevalentemente bipartitico per questo tipo di impasse uno o entrambi i principali partiti potranno provvedere alternativamente a:

-formare un governo di coalizione con partiti terzi più piccoli;
-formare un governo di minoranza;
-sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni.

Al contrario, in un sistema multipartitico, laddove si assiste a situazioni di rappresentanza proporzionale, è facile creino delle larghe coalizioni e pertanto non possono sussistere degli hung Parliament.
Quali sono dunque le conseguenze politiche di un "Parlamento impiccato"? In generale, la situazione più comune è quella di trovarsi di fronte ad un governo debole ed instabile, che, poggiando su una coalizione, è facile che entri in crisi e si rompa. Comunemente, i partiti della coalizione governativa tendono a mettersi d'accordo il prima possibile su un programma comune proprio per evitare il divampare di un conflitto istituzionale. E invero nel 2010, attraverso la nascita del governo di coalizione e l'adesione all'accordo programmatico tra conservatori e liberal-democratici, la Gran Bretagna optò per un governo di maggioranza anziché di minoranza.

3. L'accordo di coalizione (The conservative-liberal democrat coalition deal)

L'accordo di coalizione venne approvato dai partiti conservatore e liberal-democratico il 12 maggio 2010 in cui elencavano in undici punti il programma politico e le riforme che intendevano porre in essere:

-Riduzione del debito pubblico: Questo sarebbe dovuto avvenire attraverso una riduzione della spesa pubblica e non attraverso un incremento dell'imposizione fiscale. Si intendeva ridurre le spese superflue, soprattutto nel settore pubblico, mediante vari tagli. Si auspicava inoltre di salvare i posti di lavoro impedendo l'approvazione della tassa sul lavoro proposta dal partito laburista. Con la legge finanziaria del 2010-11 si pensava di poter ridimensionare il deficit di bilancio attraverso tagli pari a 6 miliardi di sterline. 
-Riforme sociali: Tra le riforme da portare avanti in questo settore si prevedeva la privatizzazione del sistema sanitario nonché l'introduzione di fondi speciali per aiutare nelle scuole e nelle accademie gli studenti più svantaggiati. Si decideva poi di destinare una cospicua parte del bilancio ai settori strategici della difesa e della sicurezza. Ci si impegnava poi ad accrescere il ruolo britannico all'interno dei trattati di non proliferazione nucleare e nel processo di disarmo multilaterale. Infine, si stabilì di aumentare le pensioni in proporzione ai redditi dei beneficiari.
-Misure fiscali: Sarebbero state imposte misure fiscali ad hoc per aiutare i piccoli e medi redditieri e non si sarebbero introdotte imposte trasferibili per le coppie sposate. Inoltre, si prevedeva di tassare i profitti di capitale non commerciale con tassi d'interesse elevati, di lottare contro l'evasione fiscale, di aumentare la VAT (Value Added Tax), di aumentare in parte le tasse universitarie. 
-Riforma bancaria: Si sarebbe posta in essere una riforma bancaria per evitare il ripetersi di crisi finanziarie, per sostenere l'economia reale e per garantire nuovi posti di lavoro. Si sarebbero contrastati i bonus ingiustificati del settore finanziario e si sarebbero fatti affluire crediti a piccole e medie imprese per sostenere la crescita economica. Si sarebbero maggiormente controllati gli investimenti bancari, si sarebbe rinforzata la regulation economica rafforzando il ruolo della Banca d'Inghilterra e sarebbe stato mantenuto stabile il tasso il tasso di cambio della sterlina rispetto all'euro.
-Immigrazione: Si ribadiva come fosse importante mantenere un limite annuale sostenibile di immigrati non-UE nel Regno Unito.
-Riforme politiche: Si stabiliva che la legislatura sarebbe stata di cinque anni: le elezioni generali si sarebbero tenute il primo giorno di maggio del 2015. Il governo sarebbe preventivamente caduto se sfiduciato mediante voto pari almeno al 55% dei deputati. Veniva poi fissato il referendum sul voto alternativo (si veda oltre). Si istituiva una Commissione per progettare un'eventuale riforma completa della House of Lords, trasformandola in camera alta elettiva basata su rappresentanza proporzionale. Ci si impegnava ad indire un referendum per rendere più consistente la devolution politica per il Galles. Si decideva di contrastare il lobbying con la nascita di un registro dei lobbisti. Si poneva in essere una riforma fiscale anche a livello locale.
-Pensioni e welfare: L'età pensionabile sarebbe passata entro il 2016 a 66 anni per gli uomini e si auspicava l'introduzione di un unico programma di welfare per evitare la disoccupazione.
-Educazione: Si riformavano le scuole in termini di contabilità, accesso, ed efficienza. Si promuoveva la riforma delle università attraverso grandi investimenti nel settore della ricerca e dell'insegnamento accademico, tentando anche di stimolare le iscrizioni
-Rapporti con l'Unione Europea: La Gran Bretagna non avrebbe devoluto ulteriori porzioni di sovranità all'UE nel corso della legislatura, in questo senso emendando l'Atto delle Comunità Europee (1972) secondo cui qualunque nuovo trattato dell'Unione sarebbe dovuto essere approvato previo referendum. Si rimarcava inoltre che il paese non sarebbe entrato a far parte dell'Eurozona.Si proponeva poi una modificazione dell'assetto del Parlamento europeo e si cercava di ridimensionarne il ruolo rispetto ai singoli parlamenti nazionali. 
-Libertà civili: Si introducevano registri anagrafici nazionali, passaporti di ultima generazione biometrici, nuove carte d'identità. In ambito giudiziario si conservava il processo con giuria e si preveniva la proliferazione di nuove fattispecie di reato inutili. Al contempo si tentava di alleggerire la legislazione anti-terroristica e si proibiva un controllo governativo non giustificato di siti internet e indirizzi e-mail.
-Ambiente: Si proponeva la riduzione dell'uso del carbone attraverso un prezzo minimo e si promuoveva invece l'economia eco-sostenibile. Veniva introdotta una banca verde d'investimenti, si tentava di ridurre gli sprechi di energia, era in progetto una rete di treni ad alta velocità, si investiva nel settore dell'energia marina e ci si impegnava a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 10% in un anno.In ambito di politica nucleare i liberal-democratici si opponevano alla costruzione di nuove centrali nucleari laddove i conservatori desideravano sostituire quelle esistenti: si arrivò poi ad un compromesso per cui il Governo avrebbe presentato in Parlamento l'approvazione del documento di pianificazione nazionale sul nucleare, che il partito liberal-democratico bocciò senza ulteriori implicazioni sulla solidità della coalizione (significativamente questi dibattiti si tenevano poco prima del disastro nucleare di Fukushima in Giappone).

4. Il Referendum on Alternative Voting (AV)

Il 5 maggio 2011 si sarebbe tenuto nel Regno Unito il referendum per cambiare il sistema elettorale trasformandolo da fisrt-past-the-post in alternative vote per l'invio dei rappresentanti nella Camera dei Comuni e per attuare una revisione delle dimensioni delle circoscrizioni elettorali. 
Con il primo, vecchio sistema, era previsto che in ogni circoscrizione elettorale locale il candidato che avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti avrebbe rappresentato quell'area geografica, con ovvie conseguenze nocive per i singoli partiti; con il voto alternativo, invece, anziché votare per un solo candidato sarebbe stato possibile per l'elettore elencare secondo un ordine le proprie preferenze, e nel caso in cui nessun candidato avesse ottenuto una chiara maggioranza di voti nel collegio si sarebbero allora prese in considerazione la seconda scelta dell'elettore, quindi la terza, e così via fino alla nomina del vincitore. 
Il sistema del voto alternativo avrebbe avuto un impatto decisivo in tutti i casi di seggi non chiaramente conseguiti, allorché, non essendovi una chiara maggioranza, anche poche centinaia di voti potevano fare la differenza. A beneficiare in questo senso sarebbero stati i liberal-democratici e i laburisti, e a perderci i conservatori: gli elettori del partito laburista, infatti, optano comunemente come seconda scelta per il partito liberal-democratico, e gli elettori liberal-democratici per quello laburista. Ciò avrebbe dunque comportato una riduzione dei seggi in Parlamento per i conservatori. 
In realtà, l'AV referendum fu il secondo della storia del Regno Unito (il primo datava 1975) e si tenne il medesimo giorno delle elezioni per il Parlamento scozzese, per l'Assemblea gallese e per l'Assemblea dell'Irlanda del Nord. Nonostante tutto, però, il referendum non passò,venendo bocciato dal 70% del corpo elettorale. Questo si tradusse, come è facile immaginare, in una grande sconfitta per Clegg, che da allora ha svolto un ruolo minore nella coalizione di governo, e in una grande vittoria per Cameron. 

Fonti: Introduzione al diritto costituzionale del Regno Unito, P. Leyland, Giappichelli editore, 2005. 
                 

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